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giovedì 15 luglio 2010

W Marco Travaglio (e il Fatto Quotidiano)


Come si fa, leggendo l'odierno articolo di apertura di Marco Travaglio su il Fatto Quotidiano, a non rimanere positivamente affascinati dalla puntigliosa ed enciclopedica ricostruzione fatta dal giornalista torinese sulla composizione eterogenea di una vera Banda con inclinazioni a delinquere messa su da Mister B.? Come si fa a non tifare spudoratamente per questo impavido (anche se a volte urticante e scomodo) professionista dell'informazione d'inchiesta, che ha una naturale quanto evidente propensione nel setacciare, giornalisticamente parlando, tutto ciò che fa capo al famoso Al Tappone? Diciamocelo francamente: ce ne fossero in Italia delle penne argute e meticolose come quella firmata Travaglio. E ce ne fossero giornali come il Fatto Quotidiano, veramente indipendenti e refrattari alla forca caudina dell'editore padre-padrone che con il denaro compra la coscienza e il silenzio dei pennivendoli asserviti al potere, come ce ne sono tanti nelle redazioni dei quotidiani milanesi tipo Libero e il Giornale, oltre alle oramai stranote enclavi di lecchinaggio televisivo quali TG1 e TG4! Insomma, il pezzo di oggi di Travaglio è una sorta di Bignami dell'associazione a delinquere di stampo politico e partitico, una specie di mailing list del delinquente con la tessera di partito, pronto a dire sempre di sì al suo padrone plurinquisito e (spero vivamente) in attesa di essere trasferito nelle patrie galere, seppur a nostre spese. Comunque, dopo aver fatto i doverosi complimenti a Travaglio e al Fatto vi invito a leggere l'articolo e magari pure a salvarlo in un file. Non si sa mai che la memoria dell'italiano medio debba essere un domani rinfrescata, magari alla vigilia di una campagna elettorale per stabilire (finalmente) chi deve prendere il posto lasciato vacante, suo malgrado, dall'ineffabile Mister B. BUONA LETTURA! Ricapitolando. Il premier B. ha due processi per frode fiscale e appropriazione indebita, uno per corruzione giudiziaria e un’indagine per minaccia a corpo dello Stato, senza contare prescrizioni, reati depenalizzati (da lui), amnistie, insufficienze di prove e le archiviazioni per decorrenza termini. Il suo braccio destro Cesare Previti è un pregiudicato per due corruzioni giudiziarie. Il suo braccio sinistro Marcello Dell’Utri è un pregiudicato per false fatture e frode fiscale, poi ha una condanna in appello per mafia, un processo per estorsione mafiosa, uno per calunnia pluriaggravata e un’inchiesta per associazione segreta (la P3). Il suo coordinatore Denis Verdini è indagato per corruzione e P3. Il suo vicecoordinatore Gian Carlo Abelli l’hanno appena beccato a prender voti dalla 'ndrangheta. I suoi ministri Altero Matteoli e Raffaele Fitto sono a processo, l’uno per favoreggiamento, l’altro per corruzione. Altri due, Umberto Bossi e Roberto Maroni, sono già pregiudicati. Fra i sottosegretari, Gianni Letta e Guido Bertolaso sono indagati, Aldo Brancher è imputato, Nicola Cosentino ha un mandato di cattura per camorra e i pm di Roma stanno valutando la posizione del viceministro della Giustizia Giacomo Caliendo, detto “Giacumino” dai compari della P3. Questo governo-lombrosario gode della piena fiducia (35 volte in due anni) del Parlamento, e ci mancherebbe: lì siedono 24 pregiudicati e 90 fra imputati, indagati, prescritti e condannati provvisori. Anche al Parlamento europeo ci rappresentano condannati (Aldo Patriciello, Mario Borghezio e Vito Bonsignore) e indagati (tipo Clemente Mastella). In omaggio al federalismo penale, frequentano assiduamente procure e tribunali un bel po’ di sindaci: da Letizia Moratti (indagata per smog e abuso) a Flavio Tosi e Giancarlo Gentilini (condannati per razzismo), da Vincenzo De Luca (imputato per associazione per delinquere, concussione, truffa, falso) a Diego Cammarata (inquisito per abuso). E sono indagati cinque governatori regionali su 20: Roberto Formigoni (smog), Raffaele Lombardo (mafia e abuso), Giuseppe Scopelliti (imputato per omissione d’atti d’ufficio e di recente beccato a cena col boss), Vito De Filippo (favoreggiamento), Michele Iorio (concussione e abuso). L’ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro, condannato in appello a 7 anni per favoreggiamento mafioso, è imputato per concorso esterno e il pm ha appena chiesto per lui altri 10 anni di galera. I vertici della Protezione civile vagano fra l’ora d’aria e i domiciliari.

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