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domenica 27 giugno 2010

nisi caste, saltem caute


I vecchi proverbi latini non passano mai di moda. Soprattutto ai giorni nostri, i giorni del ministro inventato Aldo Brancher. La farsa del legittimo impedimento, per organizzare un ministero praticamente virtuale, è stata sottolineata (con una tempestiva e inattesa nota) dal Quirinale e l'ex prete Brancher ha dovuto fare una precipitosa e indecorosa marcia indietro. Nisi caste saltem caute dicevamo. Se non vuoi agire onestamente vedi di farlo almeno con furbizia, suggerivano più di mille anni fa gli antichi latini. Ed è stata anche una delle massime predilette da Giulio Andreotti, uno che (come dire) di queste cose se ne intende, altro che il pivello Brancher. Una massima ispirata da fonti ecclesiastiche e che in effetti rivela il profondo realismo di un'istituzione (la Chiesa) che vanta due millenni di storia travagliata. Insomma, se proprio devi trasgredire fallo senza destare scandali, con opportuna riservatezza e usando le opportune cautele. Il colmo è che addirittura un ex sacerdote disapplichi questo ammonimento frutto di sapienza chiesastica. E che, come se non bastasse, venga avallato il tutto dal Pifferaio di Arcore, uno attento come nessun altro alla propria immagine, il quale non si rende conto dei guai che gli causa il ricorso al legittimo impedimento (nel processo Antonveneta) da parte del suo neoministro senza portafoglio (e senza vergogna). La cosa strana è che, ad eccezione de il Fatto Quotidiano, non un giornale aveva taciuto (al momento della repentina nomina ministeriale) il dubbio che si trattasse di una spudorata mano processuale data ad un intimo amico del presidente del Consiglio (va ricordato che Brancher è stato un fidato uomo Fininvest). L'ex prete era stato attento, all'inizio della vicenda, a defilarsi: "Non ho niente da temere dal processo" (Libero, 20 giugno), "Non c'è alcun collegamento tra incarico governativo e vicenda giudiziaria" (La Stampa, 20 giugno); "Escludo che questo incarico sia stato creato per i processi" (La Repubblica, 21 giugno). Passa qualche giorno ed ecco arrivare la smentita concreta, la prova provata della furbata: Brancher si avvale del legittimo impedimento, addirittura prima ancora che venga pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il decreto con le deleghe conferitegli. Se davvero non avesse voluto evitare il ricorso al privilegio legislativo (nisi caste), il ministro avrebbe potuto attendere qualche settimana (saltem caute). Usufruendo subito della possibilità salvachiappe che la legge tipicamente berlusconiana (quella per intenderci ad personam) gli concede, Brancher non ha fatto altro che avvalorare il legittimo (questo sì!) sospetto. La sua nonima è rimasta indigesta perfino ad uno con il pelo sullo stomaco come Bossi nonchè a tutta la base leghista oltre che agli altri ministri berlusconiani e non, risultando alla fine anche sovranamente inutile sul piano governativo. In più, tanto per collocare la classica ciliegina sulla torta, ha come mera motivazione la scappatoia processuale considerando che neanche sono chiari compiti e finalità dell'attività ministeriale che dovrebbe espletare l'ineffabile Brancher. Ma tutto questo, tanto per cambiare, a Berlusconi frega qualcosa?

martedì 15 giugno 2010

la Dama & il Cavaliere


Non pochi osservatori di politica e di costume stanno sottolineando il fatto relativo ad una certa predilizione da parte del nostro presidente del Consiglio per la Bulgaria e per le relative visite nel Paese balcanico. Senza tornare al famoso editto bulgaro di otto anni fa (che decretò l'allontanamento dal video di Biagi, Santoro e Luttazzi), si può affermare e notare senza tema di smentite che il Cavaliere si è recato in Bulgaria in visita ufficiale per tre volte negli ultimi 12 mesi. L'ultima, quella per l'inaugurazione di una statua dedicata a Garibaldi, ha suscitato più di una malevola interpretazione in quanto c'era di mezzo anche una visita (non proprio di Stato) a una bella vedovella che risponde al nome di Darina Pavlova. Voi direte "e chi se ne frega!" e non avreste tutti i torti al riguardo. Ma la cosa strana è che le frequentazioni tra la Dama bulgara e il Cavaliere nostrano stanno avendo una pericolosa impennata, mischiando il pubblico con il privato, il business con le istituzioni, il sesso con la vedovanza di lusso. Proprio così. Si vocifera infatti (ma qui siamo sul terreno minato del gossip tanto caro al fido Signorini) di incontri altamente infuocati nella lussuosissima residenza romana della Pavlova (due piani sopra il famoso ristorante il Bolognese a piazza del Popolo) durante i quali le riconosciute doti delle parti basse del Cavaliere pare non abbiano fatto rimpiangere le performance di Rocco Siffredi. Almeno stando ai racconti di chi ha partecipato al ricevimento del 30 maggio 2008 in occasione del 43° genetliaco della vedova più ricca dell'Europa dell'Est. Ora, a parte tutto, Berlusconi sotto le lenzuola più o meno di pregio può frequentare chi gli pare, compresa la ex moglie di un chiacchierato (e ammazzato) magnate bulgaro (per informazioni leggere qui, http://www.balcanicaucaso.org/ita/aree/Bulgaria/Un-proiettile-al-cuore-del-piu-ricco-di-Bulgaria) ma sinceramente che dedichi incontri e conversazioni con al centro l'interesse per una bella signora baltica non può che far pensare a qualcosa di non propriamente istituzionale e politicamente corretto. Per completezza d'informazione basterà ricordare che uno dei famosi scatti di Zappadu (al centro delle recenti polemiche su Villa Certosa e sui voli di Stato con cantastorie, nani e ballerine) immortala la bella topolona Pavlova mentre si accinge a salire sulla scaletta dell'aereo di Stato al seguito di Berlusconi da Olbia con destinazione Ciampino. Direte, trattasi di gentilezza istituzionale, di bon ton tutto italico. Mah, resta il fatto che questo strano intreccio tra la dama dei Balcani e il Cavaliere della Brianza non può che rafforzare l'idea che Veronica Lario si era fatta a proposito delle caratteristiche a sfondo sessuale del suo ex marito. E che poi ha determinato (grazie anche al famoso ciarpame e al caso Noemi) la decisione di portare in tribunale il fedifrago per fargli pagare il conseguente quantum economico che si deve in questi casi. Dove non sono riusciti nemmeno i giudici più agguerriti, è bastata la satiriasi di un premier a far sì che varcasse l'entrata di un tribunale. A volte anche i vecchi adagi (seppur volgarotti) riescono a fotografare la situazione. Ricordate ad esempio quello che dice "Tira più un pelo di f... che un carro di buoi"? Ecco, per l'appunto. Tanto il mandriano sapete chi è.

domenica 13 giugno 2010

il magnifico bugiardo (e pure cornuto)


Certe volte si rimane letteralmente basiti e increduli ascoltando le parole pronunciate, senza il minimo senso di vergogna, dal presidente del Consiglio Berlusconi. Un uomo che nella sua vita personale e politica ha fatto della menzogna e della trasfigurazione della verità il suo unico modus operandi, il suo personalissimo credo, la sua ignobile bandiera a mezz'asta, adesso si arroga il diritto di puntare il dito contro magistrati e giornalisti accusandoli di vergognose nefandezze, che in realtà sono solo le sue. Uno che da imprenditore si permette il lusso di corrompere a suon di mazzette miliardarie le Fiamme Gialle e che, non contento, da politico si bea nell'aver comprato con 600 mila dollari il silenzio dell'avvocato inglese tesoriere dei suoi segreti contabili off-shore non può, NON DEVE raccontare le cazzate agli italiani infinocchiandoli con la solita litanìa dei complotti ai suoi danni e dei giudici politicizzati che ce l'hanno con lui e che non aspettano altro di schiaffarlo dietro le sbarre. Uno che ancora ieri, sul ridicolo sito Forza Silvio curato da un manipolo di mentecatti, si lascia andare a dichiarazioni anticostituzionali e manifestamente idiote (http://www.forzasilvio.it/silviorisponde/diego), da perfetto eversore dello Stato democratico, da novello Pinochet dell'era moderna, non può, NON DEVE continuare a guidare il nostro Paese. Uno che nove anni fa, davanti alle telecamere dell'amico Vespa, l'ha messo nel didietro agli italiani facendo credere loro che avrebbe cambiato tutto e tutti (per rinfrescarsi la memoria leggere qui, http://it.wikipedia.org/wiki/Contratto_con_gli_italiani#Il_testo_del_Contratto) senza cambiare poi nulla (se non le cose espressamente pro domo sua) non può, NON DEVE ancora far parte di questo Paese. Ergo, o se ne va di sua sponte o lo cacciamo noi a calci nel culo. Ma non in senso metaforico.

venerdì 4 giugno 2010

ancora gli tira


La foto che lo ritrae nell'espressione tipica da fumetto con dentro la scritta ammazza che topa! mi sembra alquanto eloquente. Il presidente del Consiglio Berlusconi, che si avvicina a grandi passi al compimento del settantaquattresimo anno di vita, dà inequivocabilmente segni di vigorìa fisica e mentale soprattutto dal punto di vista sessuale visto e considerato che, durante la sfilata dell'altro ieri ai Fori Imperiali, al passaggio di una crocerissina dotata di notevoli airbag (non si sa se naturali) si è alzato in piedi (e presumo anche il suo pipino) apprezzando con faccia maialesca quel ben di Dio valorizzato da fasciante divisa bianca e da calze bianche (magari autoreggenti), tipiche dotazioni di chi nella vita è chiamata a portare sollievo a malati cronici e affetti da priapismo con incarichi di governo. Sarà stata anche la fotogenia della pettoruta crocerossima, oppure la notevole somiglianza con Angelina Jolie (e di riflesso con la ex moglie Veronica Lario), o finanche l'ambiente paludato delle manifestazioni ufficiali che di certo non induce a risvegli ormonali, ma a mio giudizio questo scatto fotografico, che cristallizza la immutata voglia del Cavaliere di darsi spontaneamente alle belle figliole, non può che essere foriero per il futuro di Sua Emittenza. Dico questo perchè immagino un domani il beato Silvio quando sarà ospite (per sua volontà o meno) di qualche lussuosa casa di riposo, magari svizzera. Si correrà il rischio (parlo per le ospiti di sesso femminile) di pericolose rincorse, con bastone o sedie a rotelle, alle sottane delle ottuagenarie che continuano a fornire spunti al vecchio Caimano per poter dimostrare a tutti che ancora gli tira. E senza ausilii di Viagra o Cialis. Vuoi mettere?

martedì 1 giugno 2010

habemus minister


Non c'è stato bisogno fortunatamente di un conclave a Palazzo Chigi e non è stato necessario scomodare l'amico Putin nè tantomeno telefonare a Obama. Questa volta il Pifferaio di Arcore è stato decisamente molto più democratico: ha scelto direttamente. E così, finalmente, il totoministro è finito. La poltrona del ministero dello Sviluppo Economico, lasciata vacante da Claudio Scajola (ancora alla ricerca del suo benefattore di alloggio con vista sul Colosseo), accoglierà a breve le riconosciute e stimate terga di Massimo Sarmi, attuale amministratore delegato di Poste Italiane il quale, oramai prossimo al termine del mandato manageriale per il colosso di Viale Europa, potrà così coronare la sua brillante carriera con un incarico ministeriale che (tra l'altro) servirà a Berlusconi per ricucire i rapporti alquanto deteriorati con Gianfranco Fini. Il perchè è presto detto: Sarmi era stato indicato a suo tempo, per la carica di AD di Poste Italiane, proprio dall'allora presidente di Alleanza Nazionale e quindi l'attuale strategica mossa del Caimano non è altro che un gentile omaggio nei riguardi del presidente della Camera oltre che una perfetta sintesi di paraculaggine e di decisionismo stile balcone di Palazzo Venezia dei tempi che furono. La scelta di Sarmi al ministero di via Molise è una sorta di quadratura del cerchio all'interno della maggioranza governativa perchè anagraficamente Sarmi è nato in Veneto (in provincia di Verona) e ciò permette di soddisfare la Lega di Bossi e soprattutto quella parte riferibile a Luca Zaia e a Flavio Tosi, rispettivamente Governatore del Veneto e sindaco di Verona. In buona sostanza la furbesca nomina che si prepara ad effetture il Berlusca mette proprio tutti d'accordo. E per quanto riguarda il futuro AD di Poste Italiane? Ancora nulla di deciso, ma una cosa è certa: il gruppo, che sta lavorando sodo in vista della liberalizzazione del mercato postale prevista per il gennaio 2011, sa già che potrà contare in ogni caso su un ministro amico a Palazzo Chigi. Vi sembra poco?