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domenica 28 giugno 2009

smettiamola di complottare!


Non sto scherzando. Smettiamola di complottare contro il presidente del Consiglio o qui fra breve ci ritroviamo tutti con il bavaglio alla bocca (o alla tastiera, che fa lo stesso). Sento che la sua rabbia sta montando giorno dopo giorno, conferenza stampa dopo conferenza stampa, trombata dopo trombata (anche se francamente speravo in un effetto diverso...). «La nostra economia va e noi non dovremmo essere preoccupati o pessimisti. Piuttosto dovremmo essere ottimisti. Io dico sempre: "Sii ottimista e avrai prosperità!"». Sembrano le parole di Silvio B., perché tra tutti i leader mondiali solo lui (a un anno dall’esplosione della crisi che ha travolto l’economia globale) parlerebbe così. E invece dopo mesi di ricerche, s’è scovato in giro per il pianeta un altro che la pensa (quasi) come lui. E' uno sceicco, si chiama Mohammed Khalifa ed è il presidente degli Emirati Arabi. A differenza del Pifferaio di Arcore, però, Sua Altezza non arriva a teorizzare le veline stile Minculpop e la museruola ai mass media per puntellare l’ottimismo del popolo. Sì, la crisi c’è in tutto il mondo: ma c’è soltanto un leader occidentale, il Caimano per l'appunto, che vuole tappare la bocca ai giornalisti per nasconderla e togliere la pubblicità a chi sparge paura. Al tavolo con le parti sociali dei Paesi del G8, Silvio B. ha lasciato tutti sbigottiti: «La paura è la prima causa della crisi. Dobbiamo lavorare sul fattore psicologico, anche intervenendo sui media che sono fattori di crisi. Non c'è giorno che non ci siano previsioni negative e terrificanti. Bisogna interrompere tutti insieme questo circuito». Mi auguro proprio che l’idea del premier d’imbavagliare e pilotare l’informazione sulla crisi non avrà alcuna eco nel G8, salvo forse eccitare i russi, noti campioni della libertà di stampa. Meno ovvio che l’Italia sia ormai assuefatta alle lezioni di teoria della manipolazione dell’opinione pubblica del capo del governo. Un milionesimo delle dichiarazioni del Cavaliere fossero fatte da Obama, Sarkozy, dalla Merkel o da Brown scatenerebbero un putiferio in America, in Francia, in Germania e in Gran Bretagna. Da quando è presidente degli Stati Uniti l’unica critica che Obama ha rivolto alla stampa, in relazione alla situazione economica, è stata quella di una certa impazienza con cui si attende l’effetto degli interventi anti-crisi. Ma «un governo senza giornali, che siano forti e vitali, non è un'opzione per gli Stati Uniti», ha recentemente detto il presidente afro-americano parafrasando Jefferson. Né accuse, minacce o tentazioni di condizionare i media, in oltre un anno di crisi, si sono mai registrate tra gli altri leader dei Paesi democratici. I quali, peraltro, non hanno il peso mediatico del tycoon di Arcore, magnate della stampa, della tv privata e controllore di quasi tutta quella pubblica. Persino tra gli sceicchi i suoi progetti rischierebbero di essere considerati autoritari: gli Emirati hanno appena annunciato l’intenzione di porre fine alle carcerazioni collegate all’attività giornalistica e, sembra incredibile ma è vero, ha congelato il testo di nuova legge sulla stampa, che prevedeva pesanti ammende in caso di insulti al governo. Praticamente come qui da noi...

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