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mercoledì 25 febbraio 2009

Luca, i gay & i genitori spiazzati


Come promesso a Rossaura eccomi a scrivere un post su una tematica di cui la mia più illustre e prolifica commentatrice ha candidamente ammesso di non capire una "emerita cippa". L'argomento è quello che ha tenuto banco prima, durante e dopo il 59° Festival della canzone italiana di Sanremo. È meglio dire "Luca era gay" o, più onestamente, che ha amato un uomo? Se diciamo che era gay intendiamo dire che non lo è più. L'orientamento sessuale non si può collocare sbrigativamente nel passato. Chi lo fa vuole deformare la realtà per suggerire che l'omosessualità è una deviazione dalla retta via, da accantonare il prima possibile. L'omosessualità è un modo di amare legato all'identità di un individuo che si sente completato da una persona dello stesso sesso e che con lei vuole costruire la propria vita. Al pari dell'eterosessualità non si smette come un vestito logoro, né si cura come una malattia. Poiché dai microfoni sanremesi è stata diffusa, con la canzone di Povia, una versione deformata della realtà (e migliaia di famiglie l'hanno ascoltata), occorre descrivere cosa succede davvero quando Luca dice "sono gay". Ebbene, niente è più come prima. Quando in una famiglia diventa palese che un figlio o una figlia sono omosessuali, le relazioni cambiano. I genitori sono chiamati a ridefinirsi, a riflettere su ciò che hanno dato per scontato; i figli a cercare la forza per pensarsi fuori dalla cornice delle aspettative che fino a quel momento padri e madri hanno nutrito. È un momento di verità, ora traumatico ora capace di innescare svelamenti a catena. Come se l'autenticità, fino a quel momento trattenuta dalla diga del non detto, fluisse con meno intoppi e liberasse i rapporti da una buona dose di finzione. Per una persona omosessuale dire "sono lesbica, sono gay", cioè fare coming out, è fondamentale per acquisire forza e fronteggiare la violenza omofobica. A farlo è il 65% dei giovani che vive in famiglia. Lo rivela la ricerca Family Matters, la più ampia svolta in Europa, condotta dall'Università del Piemonte Orientale, in collaborazione con diverse associazioni tra cui l'Agedo (http://www.agedo.org/), attraverso interviste e domande rivolte a 200 familiari di giovani lesbiche e gay (tra i 14 e i 22 anni). Del restante 35% si sa per una lettera o un diario lasciati incustoditi o perché sono altre persone a dirlo. Nel 68% dei casi, fratelli e sorelle sono i primi a sapere ed è con loro che i genitori iniziano ad aprirsi. Non mancano i segni premonitori, non tanto amori in corso, quanto forme di isolamento dal gruppo dei coetanei. Quando tutti lo sanno va in scena il momento clou: il passaggio dal non detto al colloquio aperto. Le reazioni sono forti, ma solo in rari casi travolgono il riconoscimento del legame: "è comunque mio figlio, resta sempre mia figlia". La metà dei padri e delle madri si sente fallito come genitore, il 54% tenta di smentire il coming out. Ma altri (un quinto circa) rifiutano, provano rabbia e vergogna. Un altro 17% cerca di patteggiare: "almeno che non si sappia in giro". E la malattia? Il fantasma che si tratti di un comportamento da curare affiora nel 40% dei genitori cattolici praticanti, frutto del capillare lavaggio del cervello in atto da qualche anno. Il confronto è aspro, le parole possono ferire. Eppure, come una ineludibile musica di sottofondo, la rivelazione dei figli porta del bene: i genitori si sentono destinatari e custodi di ciò che i giovani hanno capito di loro stessi. Il colloquio aperto ha un sapore dolce e amaro, perché è vero che la realtà è imprevista e si annuncia dura, soprattutto per il contesto italiano in cui i ragazzi dovranno farsi strada, ma almeno "loro ce ne hanno parlato". E' dinanzi al vero che i ragazzi trovano il coraggio di mostrare, l'estraneità si sfarina. Si riducono lo sfuggirsi, gli occhi bassi, il fastidio per il genitore. Resta il timore della precarietà affettiva, soprattutto in riferimento ai figli maschi, dovuto all'ignoranza dei comportamenti. C'è il punto interrogativo sui nipoti, ma spesso è l'intelligenza dei sentimenti a vincere le barriere. I genitori, guardando al futuro, sperano che i figli abbiano una relazione di coppia (nel 96% dei casi), meno della metà crede che potranno sposarsi, il 19% scommette che i nipoti nasceranno, e il 38% dà per certo che i giovani andranno all'estero, preparandosi a una separazione dolorosa che trova motivo solo nell'arretratezza del nostro Paese. Tra i tanti dubbi, i papà e le mamme cercano risposte nel web, leggono e purtroppo il 39% accende la tv. Con il Festival di Sanremo e con Povia sono stati catapultati nell'era del coming out, invitati a mettere lo scheletro dell'omosessualità nell'armadio e a preparare il posto a tavola per un Luca prevedibile, lontano, finto. Cari genitori, meglio aprire gli occhi, confrontarsi, riflettere. E ritrovarsi.

4 Commenti:

  • Alle giovedì 26 febbraio 2009 alle ore 20:01:00 GMT+1 , Blogger rossaura ha detto...

    Temo di aver perduto il mio commento e sinceramente trovo difficile ricomporlo
    Di Povia e festival non conosco una emerita cippa come già detto. Pero se non volevi il mio commento non dovevi parlare seriamente di gay. I miei migliori amici sono gay e tra parentesi sono in molti.
    Se mio figlio mi avesse resa partecipe di una cosa simile, gli sarei stata vicina e mi sarei solo preoccupata della vita grama che lo aspettava nel nostro paese.
    In effetti parte degli amici gay di cui parlavo prima sono di origine americana e alcuni vivono lì, sinceramente un altro mondo.
    Gli Italiani sono provinciali e troppo legati alle tradizioni imposte.
    Aggiungo una cosa se Luca era gay e oggi non lo è più vuol dire che Luca non era gay neanche prima.

    Un saluto festivaliero
    Ross

     
  • Alle giovedì 26 febbraio 2009 alle ore 20:13:00 GMT+1 , Blogger nomadus ha detto...

    Chiedo venia. Dall'intro del mio post si capiva (in modo fuorviante) che tu non capivi una emerita cippa del mondo e delle tematiche dei gay. In raltà io volevo limitarela tua emerita cippa al mondo festivaliero e a Povia in particolare, che secondo me tu hai scambiato per un analgesico o al massimo un lassativo. Tornando seri ho notato una leggera incazzatura nel modo in cui ho trattato l'argomento. Sbaglio? Chiedo venia di nuovo. Un saluto con la cenere sul capo da nomadus.

     
  • Alle giovedì 26 febbraio 2009 alle ore 20:36:00 GMT+1 , Blogger rossaura ha detto...

    Ma scherzi?.... Ho trattato l'argomento incavolata contro i ladri di commenti completi e costruttivi mica contro di te. Sapevo bene che lo avresti fatto e avevo preparato un commento con i fiocchi..... :-( tutto perso, grrrrr

    Un bacio riparatore
    Ross

     
  • Alle giovedì 26 febbraio 2009 alle ore 20:49:00 GMT+1 , Blogger nomadus ha detto...

    Ricomposto l'incidente diplomatico, mi becco tutto il tuo bacio e me lo conservo gelosamente. E per par condicio te ne mando uno anch'io. Un saluto con schiocco da nomadus.

     

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