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martedì 28 ottobre 2008

l'arroganza (e l'ignoranza) del potere




Ogni qual volta ascolto, leggo, vedo un rappresentante (scusate l'eufemismo) del popolo italiano impettito nella propria divisa d'ordinanza, circondato/a dai microfoni, dalle telecamere e dai taccuini acquiescenti e deferenti, debbo ammetterlo, ho un moto naturale di rivolta interna, quasi gastrica, con relativo travaso di bile. E' difficile, per non dire impossibile, abituarsi a convivere con la stupidità, con l'arroganza e con la supponenza (figlia dell'ignoranza) capitalizzate dai signorotti del potere politico, vale a dire con chi ci comanda. Dover metabolizzare, gioco forza, tutte le espressioni (le più negative) della molteplice capacità di chi ci governa nel frantumare sogni, speranze e proiezioni di quieto vivere di noi italiani è davvero un'impresa improba, per non dire impossibile. Basti pensare a come si stanno comportando ultimamente Berlusconi e la Gelmini, due esempi lampanti della ottusa capacità di non saper interpretare l'umore della gente, dei giovani, nel caso specifico degli studenti. Ostinarsi con pervicacia che rasenta la malvagità in questo assurdo muro contro muro (il decreto è mio e lo gestisco io, io sono io e voi non siete un ...) sta nauseando non soltanto chi vi scrive ma, credo, milioni di italiani, stanchi di questo continuo teatrino di infimo ordine, rappresentato da marionette prive di personalità e di spessore, non soltanto politico, ma addirittura umano. La ragione non alberga purtroppo nè nel cuore nè nella testa dei due politici citati, tronfi e beati del loro potere di decidere unilateralmente senza dar conto a nessuno, men che meno ai cittadini da cui sono stati eletti. A loro basta specchiarsi stoltamente e civettuolamente nelle acque del loro personale lago di niente, di assolutà povertà morale e di conseguente mancanza di dignità. La manifestazione di sabato, i continui cortei di protesta degli studenti, le occupazioni, le discussioni e quant'altro stanno delineando un nuovo corso. Il vento sta cambiando, sta imboccando un nuovo corridoio, più libertario, più umano, più giusto. Ma il vento a volte non riesce nemmeno a sussurrare alla coscienza di chi odia il vento solo perchè potrebbe portagli via qualche espressione di bulbo capillifero di dubbia qualità. Figuriamoci se dovesse scuotere la credibilità in chi non crede nemmeno nel Padreterno...

domenica 26 ottobre 2008

il popolo del Circo Massimo



Ho seguito ieri pomeriggio davanti alla tv (SKYTG24 Active) l'imponente manifestazione, voluta da Walter Veltroni e da tutto il Partito Democratico, svoltasi per le vie di Roma e confluita nello straordinario palcoscenico naturale e storico che risponde al nome di Circo Massimo. Un luogo, un nome, un ricordo affondato nella storia della Roma antica che riporta in auge la volontà popolare, la forza della ragione e della contestazione intelligente, matura, sana e non preconcetta di un popolo (quello della sinistra riformista) che non ne può più della facciata ceramicata del caimano e della sua plebe, cresciuta a forza di spot televisi e di slogan politici da partito di plastica. Quello che ho visto ieri pomeriggio affollare fino all'inverosimile lo spazio del Circo Massimo era un popolo maturo e coscienzioso, incazzato al punto giusto e speranzoso in un prossimo cambiamento nella linea guida al timone del Paese: una nuova linea di sinistra non più ostaggio, come nel passato, delle stupide beghe da comari invidiose e dispettose come scimmie, ma indicativa del nuovo corso storico, sociale ed economico che dovrà necessariamente prendere la nuova Italia presentataci ieri da Walter Veltroni nel suo lungo ed articolato discorso (http://www.unita.it/view/view_file.asp?IDcontent=80282). Un discorso durato ininterrottamente per 70 minuti, intervallato da scroscianti e convinti applausi del popolo del Circo Massimo, accompagnato anche da battimani e cenni di assenso degli altri esponenti politici presenti sul palco alle spalle dell'oratore, da Massimo D'Alema a Piero Fassino, da Rosy Bindi a Livia Turco, da Goffredo Bettini a Paolo Gentiloni, da Enrico Letta a Giuseppe Fioroni. Tutti schierati unitariamente a sostegno della leadership di Veltroni, nonostante le solite idiote asserzioni della stampa berlusconiana (basta leggersi l'articoletto sul GIORNALE di stamani a firma Laura Cesaretti, recentemente assunta come colf a villa San Martino) che cerca, inutilmente, di sminuire la realtà dei fatti e dei numeri del popolo del Circo Massimo. Ma chi era ieri pomeriggio a Roma, chi ha sfilato da Piazza della Repubblica e da Piazzale dei Partigiani attraversando il cuore della Città Eterna, sa benissimo quale realtà e quale aria di vigorosa voglia di novità soffiava tra le bandiere e tra i capelli dei manifestanti: un'aria e una voglia talmente nuova e diversa da voler spazzare via, in un colpo solo, rimasugli berlusconiani e fobìe di incipiente recessione. Questa è la dote preziosa, unica e irrinunciabile (da conservare gelosamente) che il popolo del Circo Massimo ci ha generosamente lasciato ieri sera al termine della manifestazione. Poco prima che Giove Pluvio facesse sentire anche la sua presenza nell'ottobrata romana.

sabato 25 ottobre 2008

500 post...e l'avventura continua (se vi fa piacere)


Questo che mi accingo a scrivere è il post numero 500 dall'apertura del blog, avvenuta nel novembre 2005. Un blog concepito inizialmente come diario on line di un lavoratore precario, inserito nella struttura aziendale di un grosso call center, che voleva rendicontare il lettore su ciò che avveniva all'interno di una delle tante realtà tristemente note per la disparità (umana, morale, intellettuale ed economica) generata dal rapporto azienda-lavoratore a progetto, dove la prima concedeva le briciole di un salario da Paese da cortina di ferro ed il secondo era costretto a raccoglierle se non voleva essere licenziato e ritrovarsi in mezzo ad una strada. Un punto di equilibrio, forzato e coercitivo, dove la superiorità economica e psicologica dell'Azienda facente capo ad un grosso imprenditore legato alla politica bipartisan (furbata non di poco conto che gli ha permesso di accaparrarsi le ricche commesse dietro promesse elettorali non sempre rispettate...) ha permesso di giocare sporco sulla pelle di migliaia di lavoratori (nella stragrande maggioranza studenti universitari, mamme in cerca di sussidi extra e pensionati precoci) costretti ad accettare supinamente tutto quanto imposto dal Capo (col beneplacito prezzolato delle poche realtà sindacali appiattite). Con il passare del tempo ho capito che l'impresa titanica ed improba contro il gigante aziendale non avrebbe permesso, nè al sottoscritto nè ai miei colleghi di allora, di cambiare la realtà dei fatti, o almeno sperare di farlo. Così ho deciso di continuare a scrivere sul blog (dopo una pausa di molti mesi, tra il marzo del 2006 e l'ottobre del 2007, dovuta anche alla mia scelta di abbandonare l'azienda per altri lidi lavorativi) iniziando a toccare tematiche non squisitamente aziendali o lavorative ma dedicandomi all'osservazione della realtà politica e sociale del Paese in cui vivo, dandone una connotazione prettamente critica nei confronti di un politico in particolare (per chi ancora non l'avesse capito...) che mi risultava un pò indigesto a causa della sua sintomatica ritrosìa a rispondere davanti ai giudici di alcune sue malefatte del passato. Per la verità anche grazie al mio secondo blog (l'Antipatico) ho cercato di solleticare il mio senso critico anche nei confronti dell'altra metà del cielo politico cui mi sento di far riferimento, non sempre riuscendovi. Ma quello che conta, alla fine, credo sia stato lo spirito libero e serenamente non di parte che ho adottato nell'affrontare tematiche e riflessioni dalle molteplici sfaccettature, che mi hanno portato a volte a planare in un territorio frastagliato e pieno di conflittualità, rappresentato dal confronto più che aspro con lettori e commentatori che non sempre si ritrovavano con quanto scrivevo sui miei blog. Ovviamente quanto sto scrivendo non vuole avere alcunchè di rievocativo o peggio ancora di autocelebrativo: lungi da me la balzana idea. Voglio semplicemente fare il punto della situazione, se così si può dire, anche alla luce di un numero certamente non trascurabile come quello rappresentato dai 500 articoli scritti. Potranno esservi piaciuti o meno, avranno attirato gli strali polemici di filoberlusconiani o meno, ma quello che a me maggiormente stava a cuore era che l'apprezzamento riscontrato dalle cifre d'ingresso fornitemi giornalmente da ShinyStat, mi danno la sensazione (per non dire la certezza) che posso continuare sulla mia strada di umile osservatore e commentatore della realtà politica, sociale ed economica di questo nostro bistrattato, criticato, a volte calpestato ma sicuramente unico, invidiato e magico BelPaese. E naturalmente mi sembra giusto dedicare un grazie di cuore a tutti voi che siete passati (anche solo per pochi minuti) a trovarmi e a leggermi su questa piattaforma della blogosfera. Grazie ancora.

mercoledì 22 ottobre 2008

siamo noi che ringraziamo Roberto Saviano


L'appello lanciato nei giorni scorsi da 6 premi Nobel in difesa e per la difesa (fisica, morale, intellettuale) di Roberto Saviano ha sortito l'effetto sperato. Una mobilitazione a livello internazionale di uomini di cultura e personaggi di altissimo livello che hanno speso il loro nome e la loro autorità per non far sentire solo lo scrittore partenopeo. E Roberto ha ringraziato, oggi, sulla prima pagina de la Repubblica. Un grazie ripetuto svariate volte, di cuore e sentito, come quello che sento io, come quello che tantissime persone hanno sentito e continuano a sentire. Un grazie cubitale che dobbiamo dire noi a Roberto Saviano, per l'insegnamento che ci ha dato, per il coraggio avuto e trasmessoci, per la cultura della libertà e della legalità che ci ha demandato. E per chi si fosse perso l'articolo di stamattina niente paura: ve lo ripropongo integralmente. Si intitola: "GRAZIE al Paese che resiste". Grazie per tutto quanto state facendo. E' difficile dimostrare quanto sia importante per me quello che è successo in questi giorni. Quanto mi abbia colpito e rincuorato, commosso e sbalordito sino a lasciarmi quasi senza parole. Non avrei mai immaginato che potesse accadere niente di simile, mai mi sarei sognato una tale reazione a catena di affetto e solidarietà. Grazie al Presidente della Repubblica che, come già in passato, mi ha espresso una vicinanza in cui non ho sentito solo l'appoggio della più alta carica di questo Paese, ma la sincera partecipazione di un uomo che viene dalla mia terra. Grazie al presidente del Consiglio e a quei ministri che hanno voluto dimostrarmi la loro solidarietà sottolineando che la mia lotta non dev'essere vista disgiunta dall'operato delle forze che rappresentano lo Stato e anche dall'impegno di tutti coloro che hanno il coraggio di non piegarsi al predominio della criminalità organizzata. Grazie allo sforzo intensificato nel territorio del clan dei Casalesi, con la speranza che si vada avanti sino a quando i due latitanti Michele Zagaria e Antonio Iovine (i boss-manager che investono a Roma come a Parma e Milano) possano essere finalmente arrestati. Grazie all'opposizione e ai ministri ombra che hanno appoggiato il mio impegno e quanto il governo ha fatto per la mia sicurezza. Scorgendo nella mia lotta una lotta al di là di ogni parte. Le letture delle mie parole che sono state fatte in questi giorni nelle piazze mi hanno fatto un piacere immenso. Come avrei voluto essere lì, in ogni piazza, ad ascoltare. A vedere ogni viso. A ringraziare ogni persona, a dirgli quanto era importante per me il suo gesto. Perchè ora quelle parole non sono più le mie parole. Hanno smesso di avere un autore, sono divenute la voce di tutti. Un grande, infinito coro che risuona da ogni parte d'Italia. Un libro che ha smesso di essere fatto di carta e di simboli stampati nero su bianco ed è divenuto voce e carne. Grazie a chi ha sentito che il mio dolore era il suo dolore e ha provato a immaginare i morsi della solitudine. Grazie a tutti coloro che hanno ricordato le persone che vivono nella mia stessa condizione rendendole così un pò meno sole, un pò meno invisibili e dimenticate. Grazie a tutti coloro che mi hanno difeso dalle accuse di aver offeso e diffamato la mia terra e a tutti coloro che mi hanno offerto una casa non facendomi sentire come uno che si è messo nei guai da solo e ora è giusto che si arrangi. Grazie a chi mi ha difeso dall'accusa di essere un fenomeno mediatico, mostrando che i media possono essere utilizzati come strumento per mutare la consapevolezza delle persone e non solo per intrattenere telespettatori. Grazie alle trasmissioni televisive che hanno dato spazio alla mia vicenda, che hanno fatto luce su quel che accade, grazie ai telegiornali che hanno seguito momento per momento mutando spesso la scaletta solita dando attenzione a storie prima ignorate. Grazie alle radio che hanno aperto i loro microfoni a dibattiti e commenti, grazie specialmente a Fahrenheit (Radio3) che ha organizzato una maratona di letture di Gomorra in cui si sono alternati personaggi della cultura, dell'informazione, dello spettacolo e della società civile. Voci che si suturano ad altre voci. Grazie a chi, in questi giorni, dai quotidiani, alle agenzie stampa, alle testate online, ai blog, ha diffuso notizie e dato spazio a riflessioni e approfondimenti. Da questo Sud spesso dimenticato si può vedere meglio che altrove quanto i media possano avere talora un ruolo davvero determinante. Grazie per aver permesso, nonostante il solito cinismo degli scettici, che si formasse una nuova sensibilità verso tematiche per troppo tempo relegate ai margini. Perchè raccontare significa resistere e resistere significa preparare le condizioni per un cambiamento. Grazie ai social network Facebook e Myspace, da cui ho ricevuto migliaia di messaggi e gesti di vicinanza, che hanno creato una comunity dove la virtualità era il preludio più immediato per le iniziative poi organizzate in piazza da persone in carne e ossa. Grazie ai professori delle scuole che hanno parlato con i ragazzi, grazie a tutti coloro che hanno fatto leggere e commentare brani del mio libro in classe. Grazie alle scuole che hanno sentito queste storie le loro storie. Grazie a tutte le città che mi hanno offerto la cittadinanza onoraria, a queste chiedo di avere altrettanta attenzione a chi concedono gli appalti e a non considerare estranei i loro imprenditori e i loro affari dagli intrecci della criminalità organizzata. E grazie al mio quotidiano e ai premi Nobel e ai colleghi scrittori di tante nazionalità che hanno scritto e firmato un appello in mio appoggio, scorgendo nella vicenda che mi ha riguardato qualcosa che travalica le problematiche di questo Paese, facendomi sentire a pieno titolo un cittadino del mondo. Eppure Cesare Pavese scrive che "Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta a d aspettarti". Io spesso in questi anni ho pensato che la cosa più dura era che nessuno fosse lì ad aspettarmi. Ora so, grazie alle firme di migliaia di cittadini, che non è più così, che qualcosa di mio è diventato qualcosa di nostro. E che paese non è più, dopo questa esperienza, un'entità geografica, ma che il mio Paese è quell'insieme di donne e uomini che hanno deciso di resistere, di mutare e di partecipare, ciascuno facendo bene le cose che sa fare. GRAZIE. Roberto Saviano.

sabato 18 ottobre 2008

la tracimazione (evitabile) del governo nei TG


Di tutti i problemi attualmente al centro dell'attenzione degli italiani (rincari, mutui, crisi economica, percezione della povertà) probabilmente quello di cui mi sto accingendo a scrivere è di gran lunga quello minore. Ma la sensazione è che comunque tutto ciò provochi più fastidio di ogni altra cosa, rispetto alla nostra autonomia di scelta nel guardare quello che più ci interessa, rispetto a quanto ci viene propinato (principalmente dai telegiornali). Sto parlando di quella invasione insopportabile, di quella tracimazione oltraggiosa e vergognosa della presenza in video, ogni santa sera, del governo e dei suoi non troppo simpatici rappresentanti, i quali ci ammorbano pedissequamente e pesantemente con i loro teatrini politici da quattro soldi, con le loro dichiarazioni fintamente ostili e di parte, con le loro manifestazioni di protagonismo televisivo che rasentano l'avanspettacolo. Personalmente mi astengo dal vedere i primi dieci-dodici minuti del TG1, del TG5 e del TG2 della sera (chiaramente non parlo del TG4 in quanto non lo guardo mai) perchè so già con scientifica sicurezza che scorreranno solo e soltanto le facce dei vari Bonaiuti, Bocchino, Cicchitto e compagnia cantando, i quali ci relazioneranno sul loro dolce far niente istituzionale della giornata. So anche che nei primi dieci-dodici minuti non mancheranno le immagini adulatorie del presidente del Consiglio dei Ministri (e dei suoi G-Men che ormai sono diventati più personaggi televisivi di un Costantino Vitagliano di un lustro fa) intento a rilasciare dichiarazioni all'uscita di una riunione ad alto livello a Bruxelles piuttosto che dal foyer del Salone Margherita, o reduce da un incontro con il suo vecchio amico Bush (cui augura di poter entrare nella Storia sperando di poterlo fare lui...) piuttosto che da una seratina in discoteca o altro ancora. Insomma, come dice una mia avvenente collega d'ufficio (e come pensa intimamente anche l'Authority) di questo governo in tv non se ne può proprio più! I dati parlano chiaro: a maggio scorso il TG5 di Mimun ha dedicato al governo il 28% del notiziario delle 20 a Palazzo Chigi e un altro 15% a Berlusconi in persona, per un totale (scandaloso) del 43% rispetto a tutte le notizie date. Per non parlare di Stusio Aperto di Italia1 che, sempre nello stesso mese, ha fatto pure meglio: il 42% al governo e il 18% al premier, per un totale (da record) del 60%. Solo questi due esempi per far capire quanta insolenza e prevaricazione stia alla base delle scelte di coloro (direttori di rete, di testata e caporedattori) che sono stati chiamati e scelti dai politici e dai partiti della maggioranza per poter fare da megafono e ripetitore delle gesta (alquanto discutibili) del Team Berlusconi. Ciliegina sulla torta: è della scorsa settimana una notizia (sfuggita ai più) che riguarda il direttore del TG1, Gianni Riotta e il notiziario delle 20. Redazione politica della rete ammiraglia RAI. Sono circa le 23 di sabato 11 ottobre, i giornalisti sono a fine turno e squilla insistentemente un telefono. Un redattore alza la cornetta: "Pronto. Chi? No, il responsabile in questo momento non c'è. Può dire a me". Dall'altra parte del filo una voce dice: "Le passo il Presidente...". Un brivido corre sulla schiena del redattore di turno. Sì, è proprio lui, Silvio Berlusconi in persona. "Buonasera...mi consenta: dica al suo direttore che il servizio della signora Sala sulla manifestazione di Di Pietro è una vergogna! Le cifre divulgate sulle presenze non corrispondono al vero rispetto a quelle delle agenzie di stampa e della Questura. Vergogna!". Il click della fine conversazione lascia il redattore di sasso, lo scompiglio nelle stanze del TG1 è immaginabile. Il direttore Riotta, che già tanti problemi ha avuto da quando è alla guida del telegiornale più visto in Italia, convoca nei giorni seguenti frenetiche riunioni con i responsabili della redazione politica. Il clima non è dei più facili. La sensazione è che difficilmente potrà mangiare in pace il panettone a Natale...

martedì 14 ottobre 2008

le bacchettate di Famiglia Cristiana


Nel libero mercato dell'informazione è sempre più difficile trovare un organo di stampa che faccia una sorta di trasformazione della propria linea editoriale. E' accaduto in un non troppo lontano passato che un direttore e fondatore di un giornale (per la precisione il Giornale) abbia sbattuto la porta e se ne sia andato perchè non più in linea con il proprio editore, come nel caso del compianto Indro Montanelli. E' successo anche che un settimanale prestigioso come Panorama si sia ritrovato con un repentino cambio di direttore e di proprietà quando ci fu l'avvento di Berlusconi, che ne segnò una sorta di naturale spartiacque, politico ed editoriale, rispetto alla precedente gestione progressista della vecchia Mondadori e delle vecchie direzioni affidate a gente del calibro di Lamberto Sechi e Claudio Rinaldi (che proprio a causa del colpo di mano berlusconiano dell'epoca diede le dimissioni e passò all'ESPRESSO). Ma a parte ciò, l'aspetto più sorprendente di queste repentine trasformazioni in auge nel mondo dell'editoria moderna è quello segnato da un cambiamento inaspettato e per certi versi anomalo rispetto alla logica iniziale. Ed è quello che attiene al recente caso di Famiglia Cristiana, nato quasi sul sagrato di una chiesa con l'intenzione di sollecitare idee e discussioni in seno ai cattolici praticanti del nostro Paese e che oggi si ritrova al centro di piccate polemiche a carattere squisitamente politico con tanto di bacchettate e sermoni al veleno nei confronti della Destra e della Sinistra. Il settimanale dei Paolini ne ha proprio per tutti, senza remore e senza indugi nei confronti di chicchessia, anzi. Ultimamente sta sempre più assumendo le sembianze di un incrocio tra il grillo parlante e il Pasquino. Basta leggere l'ultimo editoriale nel numero in uscita questa settimana (http://www.sanpaolo.org/fc/0842fc/0842fc03.htm) per rendersene conto. Onore al merito, dunque, alla coraggiosa virata nella linea editoriale del settimanale cattolico che certamente non segue molto il vecchio dettato cristiano del "porgi l'altra guancia" visto e considerato come assesta sonori ceffoni alla classe politica attuale. Complimenti.

domenica 12 ottobre 2008

le due opposizioni a Berlusconi




Ultimamente si è molto parlato e discusso del modo di intendere l'opposizione all'attuale governo berlusconiano. Da una parte la genuina e a volte impulsiva ma vigorosa voce critica rappresentata da Antonio Di Pietro e dall'Italia dei Valori, che non ha certo perso tempo cincischiando in sterili dibattiti interni, valutazioni sul da farsi senza il da farsi, prese di posizioni contro la "dittatura dolce" del cavaliere, scendendo rumorosamente in piazza ieri e lanciando la nuova "campagna d'autunno" antigovernativa finalizzata al raccoglimento delle 500 mila firme necessarie per indire il referendum contro il "Lodo Alfano". Dall'altra parte si è palesata, sempre ieri, la seconda opposizione, quella che reputo più istituzionalizzata e formalmente delegata dalle votazioni dello scorso aprile, ma svuotata del reale senso critico oggettivamente riferibile a chi cerca di contrastare (con le armi della democrazia e della critica costruttiva e non demagogica) l'azione non propriamente esemplare di un governo arroccato sulle posizioni privilegiate dell'opportunismo riferibile esclusivamente al suo principale rappresentante e leader. Premesso ciò, debbo confessare con piacere che le due manifestazioni di ieri, svoltesi in una bella e suggestiva Roma baciata dal sole della tipica ottobrata romana, mi hanno rincuorato sulle effettive possibilità di successo di una delle due parti oppositive nel conseguimento dell'obiettivo finale preconizzato da Di Pietro. Fermo restando che l'attuale, disastrosa (e per certi versi imperscrutabile) situazione economica di incipiente recessione mondiale potrà in qualche modo "narcotizzare" la giustificabile e legittima voglia dell'opposizione di incalzare su tutti i fronti l'opera dell'attuale compagine di governo, rappresentata paradossalmente dalle ultime uscite mediatiche del cavaliere (qui vorrei volontariamente omettere considerazioni personali sulle sue performances in discoteca e a letto) che invita all'ottimismo e alla serenità, garantendo in prima persona che nessun italiano correrà il rischio di perdere un solo euro, che la situazione si risolverà e via cantando. Il tutto, comunque, ha dato a chi scrive l'impressione di trovarsi sul set di un famoso film: quello in cui la nave va velocemente e mortalmente a picco mentre la solita orchestrina continua imperterrita a suonare...

venerdì 10 ottobre 2008

il salotto della D'Amico oscura quello di Vespa


Nella nuova programmazione autunnale de La7 ha trovato una diversa collocazione nel palinsesto la trasmissione EXIT, condotta con stile e garbo tipicamente femminile da Ilaria D'Amico, in onda il mercoledì in prima serata in luogo del lunedì della scorsa stagione. La struttura del programma è rimasta fondamentalmente invariata anche per questa quarta edizione; la bella conduttrice (che personalmente preferisco più in questa veste che non nei panni di tuttologa del pallone) invita nello studio personalità della politica, del giornalismo e della cultura, alimentando un talk show basato sulla discussione di due o più temi cardini della settimana appena trascorsa, con servizi introduttivi e riassuntivi del dibattito che ne seguirà. Il tutto condito da intelligenza e moderazione nel dialogo, da equilibrio e da partecipazione non conflittuale ed esasperante come in altri "salotti" televisivi ben più noti e seguiti. Nella puntata dell'altra sera, dedicata anche alla corruzione e alla "percezione" che attualmente ne hanno gli italiani (http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=repliche&video=17598), la discussione ha avuto anche dei picchi polemici non certo da accademia della Crusca, visto e considerato che tra gli ospiti c'erano Antonio Di Pietro e Peter Gomez da una parte e Niccolò Ghedini e Giulia Bongiorno dall'altra, ma comunque il livello squisitamente televisivo e intellettivo è sempre rimasto sempre di gradevole entità, seppur non confortato dai dati Auditel che ne penalizzano l'ambizione di nicchia cultural-chic (circa 630.000 spettatori con il 3% di share). Resta il fatto, a sommesso parere di chi scrive, che Ilaria D'Amico è preferibile (e non soltanto per l'aspetto fisico) a Bruno Vespa e al suo stantìo talk, oramai fagocitato e metabolizzato dagli uomini della politica; anzi, per dirla tutta, il salotto di RaiUno è diventato la proiezione catodica della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, oltre che naturale dèpendance del presidente del Consiglio di Arcore. Il che non è che sia proprio una gran bella cosa...

domenica 5 ottobre 2008

non siamo tutti uguali (di fronte alla legge)




Non è difficile supporre che chiunque sia mai entrato in una qualsiasi aula di Tribunale (per qualsivoglia motivo, in veste di imputato o di testimone) non ne abbia mai ricevuto una strana sensazione di diseguaglianza, di diverso trattamento, di formale ingiustizia, di danno accompagnato alla beffa. E' sempre stato così e sempre sarà, nonostante le vistose scritte che campeggiano nelle aule: LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI e LA GIUSTIZIA E' AMMINISTRATA IN NOME DEL POPOLO. Tante belle parole, tanti rispettabili auspici, nessuna rispondenza nella realtà dei fatti. Da sempre la giustizia (o il contrario di essa) è il nervo scoperto del tessuto sociale e morale del nostro Paese. Nonostante la buona volontà di insigni giuristi, di validi costituzionalisti e di maestri della giurisprudenza, non si è mai giunti ad una reale unificazione nel metro di giudizio che dovrebbe sovrintendere ad una serena e imparziale valutazione del Giudice deputato ad emettere una incontrovertibile sentenza. Negli ultimi anni l'esempio più lampante (e più anomalo) di questa incredibile incongruenza, nell'applicazione del dettato di eguaglianza di fronte alla Legge, è rappresentato dal nostro presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, indice sublime, insuperabile, praticamente ineguagliabile, di come si riesca a sfuggire impunemente (con tutti modi, leciti e non) alle maglie della Giustizia. Il famigerato "caso Mills" ne è la riprova. «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Così recita l'articolo 3 della nostra Costituzione. E in base a questo articolo Fabio De Pasquale, che rappresenta la pubblica accusa nel cosiddetto processo Mills, ha sollevato l'eccezione di costituzionalità sull'applicazione del famigerato «lodo Alfano» davanti ai giudici della decima sezione di Milano. Lo aveva già fatto, con successo, il 26 settembre scorso di fronte a quelli della prima sezione. E l'altro ieri ha «bissato». I magistrati presieduti da Nicoletta Gandus, considerata dal cavaliere (che ne ha chiesto invano la ricusazione) sua «avversaria dichiarata», hanno infatti accolto la richiesta del pm. In attesa che la Consulta si pronunci, il tribunale ha stralciato la posizione del premier e disposto che il dibattimento prosegua comunque. Una decisione considerata «politica» dalla difesa del leader PdL, che chiedeva l'applicazione del «lodo» e, quindi, la sospensione di tutto il procedimento penale nel quale sono imputati Berlusconi e l'avvocato inglese David Mills per corruzione in atti giudiziari. «Milano non applica le norme approvate dal Parlamento - afferma l'avvocato Niccolò Ghedini, uno dei legali del premier - che consente al presidente del Consiglio di curare gli interessi del Paese». Invece per i giudici Nicoletta Gandus, Pietro Caccialanza e Loretta Dorigo il ddl approvato il 22 luglio «interferisce con l'architettura ad oggi delineata dalla Costituzione» non garantendo «l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge» e «mina la scala gerarchica delle fonti del diritto e quel primato della Costituzione che costituisce il nucleo fondamentale dello Stato democratico». Inoltre, per il premier, «accomunato ai ministri dalla Costituzione per i reati funzionali, viene previsto uno strumento diverso, introdotto con legge ordinaria, per i reati extrafunzionali, così stabilendo uno jus singulare francamente irragionevole». Infine il "lodo" si scontra con il principio della ragionevole durata del processo. Questi alcuni dei motivi (in tutto sei) con cui è stata accolta la richiesta del pm. Ma adesso che succederà? Il processo andrà avanti per il solo Mills e, di conseguenza, dopo la sentenza, quegli stessi giudici non potranno più giudicare Berlusconi. Tuttavia, processando il coimputato del premier, il giudizio finale si rifletterà inevitabilmente anche sulla parte assente. E ci saranno anche problemi «tecnici»: il 10 ottobre, ad esempio, è previsto l'esame dei periti nominati dalla difesa di Berlusconi. Avverrà in assenza dei legali del cavaliere? Sarebbe, sottolinea Ghedini, «al di fuori di qualsiasi codice, anche extracomunitario». Un bel pasticcio, insomma. Anche perché, con tutta probabilità, la Corte Costituzionale dichiarerà il lodo incostituzionale sempre in base all'articolo 3 della Carta. Le differenze dal «lodo Schifani» non dovrebbero essere sufficienti a «salvare» il suo «erede». E Berlusconi, in base a quello che per la maggioranza è una sorta di «ostruzionismo giuridico» delle toghe milanesi, potrebbe ritrovarsi, come ha osservato Di Pietro, «cornuto e mazziato». Non male...

mercoledì 1 ottobre 2008

svuotare il mare con il secchiello


Ho provato per pochi minuti, questa mattina, ad immedesimarmi nei panni di un pensionato italiano mentre leggeva la notizia pubblicata a pagina 30 de la Repubblica che recitava: "Quattrocento euro per fare la spesa. Da dicembre pronta la social card". Debbo confessare che un pò di sconforto (unitamente a rabbia e rassegnazione) si è intrufolato, senza neanche troppa fatica, nel mio animo facendomi oltremodo preoccupare per quando verrà il mio turno. Francamente al posto di un qualsiasi arzillo vecchietto mi sentirei sottilmente preso per i fondelli. Sapere che il governo pensa di "aiutare" chi percepisce circa 500 euro al mese con la tesserina di plastica con microchip che dispensa poco più di 30 euro al mese per un anno, mi fa venire in mente chi cerca ostinatamente di svuotare il mare con un secchiello da bambino. In tempi di crisi economica, di congiuntura planetaria, di impossibilità di giungere con qualche euro alla terza settimana (perchè la quarta resta un miraggio) credere di elargire la miseria di 400 euro all'anno per sostenere l'improba fatica dei pensionati italiani di accompagnare il pranzo con la cena mi sembra veramente un insulto all'intelligenza e alla dignità del genere umano. La fervida mente del ministro dell'Economia Giulio Tremonti che ha partorito questa geniale idea (che ci sia lo zampino del cavaliere dietro?) della tesserina prepagata, per allievare le sofferenze economiche di milioni di pensionati e di veri poveri del terzo millennio, ha generato nel sottoscritto la voglia di esercitare (a nome di milioni di persone) la legge del contrappasso di dantesca memoria nei confronti dell'azzimato ministro. Ovvero consegnare a lui la preziosa tesserina salvacrisi e privarlo della sua remunerazione ministeriale, lasciarlo mensilmente con un aggio di 500 euro, munirlo di tessera metrebus, tessera telefonica da 5 euro e mandarlo in qualche centro anziani a fargli passare le giornate che sicuramente nemmeno potrà lontanamente immaginare. Un esperimento della durata di un solo mese. Poi dovrebbe avere la faccia e la dignità intellettuale di presentarsi da Vespa a Porta a Porta e di relazionarci (anzi, relazionare i pensionati d'Italia) sulla sua mirabile esperienza, Chissà che non ci sorprenda con qualche altra strabiliante idea. O tesserina con microchip.