tpi-back

sabato 9 agosto 2008

buone vacanze


Mi sembra giusto ed opportuno "staccare la spina" (come si dice in questi casi) oltre che fisicamente anche mentalmente. Non sembra ma scrivere (praticamente tutti i giorni) su tre piattaforme della blogosfera qualche segno di stanchezza alla fine inevitabilmente lo lascia. Soprattutto nella mente, sempre alla ricerca della migliore occasione (sia essa data da una notizia, da un commento, da un fatto esterno al mondo dei blog) per lasciare un'impronta intelligente, o almeno in parte condivisibile, che faccia piacere a chi casualmente si ritrova su questo mio spazio telematico. Capisco che la fatica a volta la fanno anche i lettori, soprattutto quando non si ritrovano con le mie discettazioni e magari rileggono il post credendo di aver letto qualcosa che al momento sfuggiva. Essendo quindi la fatica il classico campanello d'allarme, che segnala il rosso della riserva (mentale e corporale), ecco che io vi dico, con gioia e serenità, BUONE VACANZE a tutti, indistintamente: sia a quelli che mi sopportano (e che sono vicini al sottoscritto dal punto di vista delle idee politiche), sia agli altri che benevolmente mi mandano (se non mi ci hanno già mandato) a quel paese. Un particolare saluto al mio vecchio amico e commentatore MAURO (e alla sua famiglia) e ad un nuovo amico, il Russo (e alla sua famiglia). A presto.

auguri caro Presidente


Ho deciso di dedicare questo mio ultimo post (prima della legittima pausa ferragostana) ad una persona che secondo me non è stata capita ed apprezzata per quello che realmente meritava. E che oggi compie anche 69 anni, ottimamente portati. Auguri di cuore a Romano Prodi, un Presidente del Consiglio con la p maiuscola che, anche se molti non lo hanno mai gradito, in 618 giorni al Governo ha lasciato molti più rimpianti e buoni ricordi rispetto a quelli che potrebbe lasciare l'attuale inquilino di Palazzo Chigi. Probabilmente non "bucherà" il video come il cavaliere, certamente non avrà lo stesso accattivante sorriso del caimano, sicuramente non avrà lo stesso tono di voce e la prolissa loquacità da intrattenitore di nave da crociera del piccolo dittatore meneghino, ma è fuor di dubbio che come caratura morale, politica, da statista e da uomo universalmente apprezzato per il lavoro svolto (soprattutto per la moratoria della pena di morte), corrano anni luce tra lui ed il suo "competitor" peraltro battuto due volte. Volevo solo dedicare due righe al Professore di Scandiano per manifestargli (come ho peraltro fatto nella mail privata a lui indirizzata) il mio personalissimo ringraziamento per l'eredità morale che ha lasciato a chi, come il sottoscritto, si è riavvicinato alla politica anche grazie alla signorilità e alla buona creanza umana di chi, come lui, ha fatto del territorio politico non un'esclusiva riserva affaristica pro domo sua (al contrario del signorotto di Arcore) ma un intelligente terreno di incontro per le idee e per le libertà di tutti quelli che ancora credono nel vero dialogo (seppur su schieramenti ideologici non perfettamente collimanti) e non nel monologo, come qualcun altro. Ancora auguri di cuore, caro Presidente Prodi.

giovedì 7 agosto 2008

7 agosto 1990: delitto perfetto?


Diciotto anni fa avvenne quello che a tutt'oggi si può configurare quasi come un delitto perfetto.
Simonetta Cesaroni, una bella ragazza di 21 anni, figlia di un dipendente dell’azienda tranviaria comunale, viene trovata cadavere alle 22 e 30 circa del 7 agosto 1990 a Roma, in via Poma 2, quartiere Prati, dove lavorava come segretaria dell'AIAG (Associazione Italiana Alberghi della Gioventù). A scoprire la tragedia sono la sorella Claudia, il cognato di Simonetta, il suo datore di lavoro e la moglie di Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile. Il corpo della ragazza giace in una stanza, supino, le gambe divaricate, senza mutandine, il reggiseno sollevato, trafitto con 29 colpi d'arma bianca al volto, alla gola, al tronco ed al basso ventre. L’arma utilizzata per il delitto – mai ritrovata – è, probabilmente, un tagliacarte. La tempia destra presenta un'ecchimosi, come se fosse stata colpita da un violentissimo schiaffo a mano aperta. Comincia così un mistero – tuttora irrisolto – che ha messo a nudo le inadeguatezze di un'indagine condotta con metodi approssimativi e clamorosi errori investigativi, alla quale si sono sommati pseudo-inchieste, scoop giornalistici veri e presunti, chiacchiere, pettegolezzi e un ben nutrito branco di sciacalli. A tutt’oggi gli investigatori non sono riusciti a stabilire se l’assassino fosse destrimane o mancino e neppure l’elemento fondamentale in qualsiasi inchiesta che possa dirsi tale: l’ora del delitto. Sin dalle prime battute l’indagine sul delitto di via Poma ha visto fiorire più ipotesi che certezze ed un’infinità di piste e scenari: dalle chat line all'amore lesbico, dall’aggressione di un represso sessuale fino all’incontro amoroso finito in tragedia. A lungo il sospettato numero uno è stato Federico Valle, un giovane che abitava nello stesso palazzo dove il delitto è avvenuto. A scagionarlo, oltre all’esame del DNA, il fatto che non avesse su di sé alcuna ferita, mentre una delle poche certezze è che l’assassino, nella fase finale dell’omicidio, si è sicuramente ferito. Ma prima di lui nel tritacarne dell’inchiesta era finito il portiere di via Poma, Pietrino Vanacore che venne anche arrestato. I sospetti cadono su Pietrino Vanacore perchè, secondo gli inquirenti e' stata l'ultima persona ad aver visto Simonetta viva. Determinante per il suo fermo sono alcune contraddizioni nelle testimonianze rese, relative soprattutto ad alcune piante che avrebbe dovuto innaffiare nello studio proprio nell' ora del delitto. Vanacore possiede le chiavi dell'ufficio e sul suo pantalone vengono ritrovate delle macchie di sangue. A scagionare l'indiziato sono le analisi che dimostrano come il sangue sia dello stesso Vanacore, che soffre di emorroidi: viene rimandato a casa dopo venti giorni di carcere.
Il secondo indiziato e' l'architetto Luigi Izzo, proprietario di un'abitazione nello stabile di via Poma, in vacanza all'Argentario nei giorni del delitto, ma che avrebbe coperto in qualche modo l'assassino. Nella sua casa viene trovato un asciugamano sporco di sangue, ma, anche in questo caso, la pista verra' abbandonata. L'11 marzo 1992 entra in scena Roland Voller, commerciante tedesco con presunti legami con i servizi segreti. L'uomo accusa Federico Valle, nipote dell' architetto Cesare, residente in via Poma. Secondo il tedesco, Valle sarebbe tornato a casa sanguinante la sera del delitto, che avrebbe commesso dopo aver scoperto di una presunta relazione della vittima con il padre. Viene chiamato nuovamente in causa Vanacore, che sarebbe stato il favoreggiatore, ripulendo l'appartamento dopo il delitto. Il 16 giugno 1993, dopo nuove analisi del sangue, il giudice Antonio Cappiello dichiara l'improcedibilita' nei confronti dei due per mancanza assoluta di prove. E poi c'e' Stefano Volponi, ex datore di lavoro di Simonetta, che sarebbe stato contraddittorio in alcune dichiarazioni rilasciate agli inquirenti. Anche in questo caso, il test del Dna dara' esito negativo. Una clamorosa svolta nelle indagini potrebbe essere arrivata lo scorso maggio. Il Ris di Parma ha trovato sul luogo del delitto una goccia di sangue maschile che, con ogni probabilita', appartiene all' assassino. Un risultato che e' stato considerato tanto piu' straordinario alla luce del lungo lasso di tempo trascorso dall'omicidio. L' importante ritrovamento e' arrivato dopo che il pubblico ministero Roberto Cavallone e il procuratore aggiunto Italo Ormanni avevano incaricato i carabinieri di compiere dei nuovi accertamenti sugli oggetti e gli indumenti che Simonetta aveva indosso al momento dell'aggressione, dalla canottiera al reggiseno, dagli orecchini all'orologio e al fermacapelli. I sospetti tornano ancora una volta sull'ex fidanzato di Simonetta: Raniero Busco. Ma a diciotto anni dall'efferato omicidio della Cesaroni la parola fine ancora non è stata messa.

mercoledì 6 agosto 2008

il nonno premier torna palazzinaro




Il presidente del Consiglio italiano continua sempre di più a sorprendermi, anzi a spiazzarmi. Nemmeno pochi giorni fa gli avevo dedicato un post sul raddoppio della sua fantasmagorica residenza di Arcore (http://tpi-back.blogspot.com/2008/08/tutte-le-stanze-del-presidente.html, ed oggi, puntualmente, mi vedo di nuovo costretto a parlare del cavaliere in termini di palazzinaro (come d'altronde era in origine). La notizia è quella data in esclusiva da due quotidiani nazionali (Corriere della Sera e La Stampa): Berlusconi si è sciroppato un bel Campari, nel senso che ha acquistato la megavilla appartenuta ai proprietari del famoso bitter vicino al Lago Maggiore, tra i comuni di Lesa e di Meina. Il colpo di fulmine per Villa Correnti (questo è il vero nome della villa aperitivo) sembra sia scoccato in occasione del matrimonio di Michelino Bongiorno, figlio del catodico Mike che abita proprio lì vicino. Ad aver attratto le simpatie di Berlusconi deve esser stato anche il bel giardino (il premier è appassionato di botanica) con allori, azalee, camelie, rododendri, gardenie e magnolie. Non c'è ancora un vero e proprio eliporto (Berlusconi ama anche il suo elicottero Agusta), ma lo spazio per realizzarlo è facilmente riconoscibile. L'edificio ha anche un permesso di attracco, acquisito dall'ultimo proprietario Mulacchiè, che potrebbe riservare maggiore privacy agli spostamenti del Cavaliere. A mio avviso il premier palazzinaro sta cercando (conscio che non gli restano tantissimi anni a disposizione prima del giudizio divino) di sistemare tutte le magioni da favola per la sua Angelina Jolie della Brianza (in effetti una certa somiglianza Veronica ce l'ha) e per la sua numerosa prole, compresi nipotini ed affini. Una bella tribù che ovviamente non può dimorare in tenda (stile indiani) ma deve necessariamente avere a disposizione campo da golf, eliporto, barchetta versione lago oltre alle scontate piscina, campo da tennis e optionals vari. Il tutto alla faccia degli italiani e delle coppie giovani in cerca di sistemazione immobiliare, con Tremonti che promette case e con il suo mentore che invece delle case se ne sbatte. Per lui o megaville o niente.

martedì 5 agosto 2008

orfani della tv della Brambilla




Francamente non so se mi usciranno le parole dal profondo del cuore per commentare questa tragica notizia (http://www.affaritaliani.it/mediatech/televisione-chiude-tv-brambilla050808.html). Sono veramente addolorato, anzi di più. Costernato. Praticamente sono virtualmente a lutto. Riuscirò a sopravvivere adesso senza più la celestiale visione quotidiana della Tv della Libertà del sottosegretario con delega per il turismo Maria Vittoria Brambilla? Ce la farò ad andare avanti dovendomi accontentare della tv di Emilio Fede? Ho i miei dubbi, ma come si dice in questi casi the show must go on. Non ci crederete ma secondo me la fine delle trasmissioni della Tv della Libertà segnerà uno spartiacque mediatico non di poco conto. Da oggi mi sentirò (ci sentiremo?) un pò meno libero, privato crudelmente di quella fonte di approvvigionamento di idee e di cultura che la fervida mente della Brambilla aveva partorito un anno fa. La rete di informazione e promozione dei Circoli della Libertà ha chiuso il segnale il 31 luglio scorso, dopo un solo anno di vita. E l'ex direttore Giorgio Medail, alla luce dei dati di ascolto pari a «6-700mila spettatori al giorno», non trattiene il rammarico. «Nel caso della Tv della Libertà si è trattato di una bellissima esperienza: ricevevamo una quantità enorme di telefonate, c'era un continuo interscambio con la gente. Noi trasmettevamo su Sky ma anche su 40 emittenti private. Qualcosa come 6-700mila ascoltatori al giorno», ha dichiarato Medail in un'intervista a Qn. La televisione aveva cominciato a trasmettere sul satellite l’11 giugno 2007. Da allora è stata in onda 24 ore su 24, con 4 ore di diretta al giorno, sul canale 818 di Sky e sul sito internet www.tvdellaliberta.it. Le repliche potevano essere viste anche su 40 televisioni regionali del circuito Odeon. L'ex direttore esprime ora preoccupazione per i lavoratori. «Peccato - continua Medail - stavamo avendo successo, mi spiace per i 13 giornalisti professionisti che lavoravano con me e per i tecnici. Siamo andati in onda per più di un anno. Poi... Più che trasmettere sul satellite, costava molto lo studio (20 persone circa) ed era dispendioso il circuito delle tv private». E adesso che ne sarà di queste famiglie di onesti lavoratori gettati sul lastrico e in preda alla disperazione più nera proprio alla vigilia delle ferie estive? Francamente mi lacrima il cuore al solo pensiero che Medail e la Brambilla non possano trascorrere le meritate ferie solo perchè nessuno potrà più pagare loro lo stipendio mensile. Ma Berlusconi che fa? Possibile che sia così insensibile e cinico al richiamo disperato di aiuto del suo ministro in giarrettiera? Propongo una colletta tra i frequentatori di blog anche non dichiaratamente "azzurri". Aiutiamo questi orfani della Tv della Libertà. Senza più tv e senza più libertà. Di sparare cazzate.

mille e una notte a Palermo




Aria da sultanato in Trinacria. Da qualche giorno Palermo è in subbuglio. Il capoluogo siciliano, infatti, attende con trepidazione l’arrivo del Sultano dell’Oman, Qaboos Bin Said, previsto per oggi. Ad anticipare questo maestoso arrivo, due mega imbarcazioni sostano già sulla banchina del porto di Palermo. Si tratta del mega yacht "Al Said", lungo 155 metri e alto 5 piani, e di una nave-traghetto di appoggio, la "Fulk al Salamah" ricca di ornamenti in oro ed equipaggiata con missili, che possiede una pista di atterraggio e che trasporta al suo interno 12 Mercedes e una Limousine, oltre a sale cinema e concerti, piscine e molto altro ancora. Il panfilo è meta di "pellegrinaggio" da parte di palermitani e turisti, incuriositi dall'imponente apparato di accoglienza e di sicurezza allestito per l'occasione. C'è la bambina aggrappata alla grata di ferro sistemata davanti al panfilo reale, ma anche l'anziano signore che guarda sognante lo yacht. E poi le donne, molte eleganti e con tanto di tacchi a spillo, nella speranza di poter incontrare il sultano. C'è anche una famiglia intera che attende con ansia l'arrivo del sultano "per chiedergli un po' di soldi". "Siamo molto poveri - dice il capofamiglia Giovanni Laurino - abbiamo letto suoi giornali che è uno degli uomini più ricchi del mondo. Magari si fermerà per darci una mano. Per questo abbiamo portato con noi anche i nostri figli". In tutto seguiranno il sultano circa ottocento persone, che non baderanno a spese. Volevano noleggiare l'intero porto per un mese: una soluzione che avrebbe paralizzato il traffico di traghetti e crociere. Così si sono accontentati dei due moli principali. E quando i funzionari dell'autorità portuale si sono presentati per discutere di tariffe, gli emissari arabi hanno replicato: "Diteci solo il totale", firmando al volo un assegno a sei zeri. Scena simile per l'hotel: tutto il Villa Igea, il gioiello liberty dei Florio trasformato in uno degli alberghi più belli del Mediterraneo, è stato affittato. Centocinquanta camere, di cui 13 suites, riservate solo per la cerchia più ristretta della corte. Il resto finirà all'Excelsior e al Des Palmes, sempre del gruppo Acqua Marcia, monopolizzando l'agosto a cinque stelle della città. Selezionata persino una pattuglia di 'gnuri', le carrozze nere, per i tour in calesse al prezzo di mille euro a giro: venti volte più della solita tariffa. Palermo è elettrizzata. A maggio, durante un soggiorno del sovrano a Bari, i regali non sono mancati. Nel party d'addio ai presidenti di Provincia e Regione sono stati donati Rolex d'oro da 20mila euro, facendo sapere che rifiutarli o girarli in beneficenza avrebbe rappresentato uno sgarbo. Al personale pugliese coinvolto nell'ospitalità alberghiera sono finiti centomila euro di mancia. Ma gli assegni più ghiotti sono stati consegnati al sindaco: tre milioni per borse di studio e due milioni per apparecchiature mediche, oltre al solito Rolex aureo. Il sultano però è apparso poche volte, evitando incontri pubblici. Uomo dai modi riservati, colto, formato a Londra e autore di una svolta liberale nel suo Paese (dove ha concesso il voto alle donne e la possibilità di eleggerle in Parlamento) ha una sola passione: la musica classica. Per questo le borse di studio sono state destinate a studenti del conservatorio pugliese. Quella che resta misteriosa è la motivazione dei viaggi a Bari e Palermo, capitali degli emirati arabi creati in Italia prima del mille. Sembra escluso che si tratti solo di vacanze: il re sarebbe spinto più dagli investimenti che dalla bellezza della costa. A Palermo si ipotizza un'offerta per acquistare l'intera area portuale, destinata a diventare un polo di lusso per nautica da diporto e crociere. La cifra? Due miliardi di euro per fare rinascere la città. Ma forse è solo un miraggio.

lunedì 4 agosto 2008

4 agosto 1974: un'altra strage impunita


Nella notte tra sabato 3 e domenica 4 agosto 1974, una bomba esplode nella vettura numero 5 dell'espresso Roma-Brennero denominato "Italicus". I morti sono 12 e i feriti circa 50, ma una strage spaventosa è stata evitata per questione di secondi: se la bomba fosse esplosa nella galleria che porta a San Benedetto Val di Sambro i morti sarebbero stati centinaia. Racconta un testimone della strage: «Il vagone dilaniato dall'esplosione sembra friggere, gli spruzzi degli schiumogeni vi rimbalzano su. Su tutta la zona aleggia l'odore dolciastro e nauseabondo della morte». I due agenti di polizia che hanno assistito alla sciagura raccontano: «Improvvisamente il tunnel da cui doveva sbucare il treno si è illuminato a giorno, la montagna ha tremato, poi è arrivato un boato assordante. Il convoglio, per forza di inerzia, è arrivato fin davanti a noi. Le fiamme erano altissime e abbaglianti. Nella vettura incendiata c'era gente che si muoveva. Vedevamo le loro sagome e le loro espressioni terrorizzate, ma non potevamo fare niente poiché le lamiere esterne erano incandescenti. Dentro doveva già esserci una temperatura da forno crematorio. 'Mettetevi in salvo', abbiamo gridato, senza renderci conto che si trattava di un suggerimento ridicolo data la situazione. Qualcuno si è buttato dal finestrino con gli abiti in fiamme. Sembravano torce. Ritto al centro della vettura un ferroviere, la pelle nera cosparsa di orribili macchie rosse, cercava di spostare qualcosa. Sotto doveva esserci una persona impigliata. 'Vieni via da lì', gli abbiamo gridato, ma proprio in quel momento una vampata lo ha investito facendolo cadere accartocciato al suolo».
I neofascisti non nascondono di essere gli esecutori. Un volantino di Ordine Nero proclama: «Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l'autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti». Gli investigatori brancolano nel buio fino a quando un extraparlamentare di sinistra, Aurelio Fianchini, evade dal carcere di Arezzo e fa arrivare alla stampa questa rivelazione: «La bomba è stata messa sul treno dal gruppo eversivo di Mario Tuti che ha ricevuto ordini dal Fronte Nazionale Rivoluzionario e da Ordine nero. Materialmente hanno agito Piero Malentacchi, che ha piazzato l'esplosivo alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze, Luciano Franci, che gli ha fatto da palo, e la donna di quest'ultimo, Margherita Luddi».
Eppure la polizia era informata da tempo che Mario Tuti era un sovversivo e una donna aveva addirittura dichiarato a un giudice che l'autore della strage era proprio lui. Risultato: la denuncia archiviata e la donna mandata in casa di cura come mitomane. Il giudice che aveva raccolto e insabbiato la dichiarazione si chiamava Mario Marsili ed era il genero di Licio Gelli, il gran venerabile della loggia massonica P2.
Si entra così nei misteri della polizia e dei governi-ombra che per alcuni anni hanno condizionato la vita italiana. Il dubbio che la P2 sia implicata nella vicenda induce il giudice bolognese Angelo Vella a diffidare della magistratura aretina. Scrive Giampaolo Rossetti, un giornalista che si è occupato per mesi della vicenda: «Arezzo era città di protezione per i fascisti». Basti pensare alla frase strafottente pronunciata da Luciano Franci, il luogotenente di Mario Tuti, rivolgendosi a un camerata che piagnucolava dopo l'arresto: «Non preoccuparti, da queste parti siamo protetti da una setta molto potente». Una setta, ci spiegò poi il giudice Vella, che puzzava di marcio ed era al centro di un potere occulto collegato alle più oscure vicende della vita italiana. Per saperne di più il giudice Vella si rivolse anche ai Servizi segreti, ma per mesi non ottenne risposta. Protestò e l'allora l'ammiraglio Mario Casardi, capo del servizio militare, gli scrisse rimproverandolo di ignorare «le norme che regolano il nostro servizio». «Le conosco anche troppo» gli rispose Vella, «ed è questo che mi preoccupa». Probabilmente se i Servizi segreti l'avessero aiutato, il giudice sarebbe subito arrivato a Tuti.
Comunque, all'inizio del '75 viene emesso un mandato di cattura contro Mario Tuti, che però riesce a fuggire all'arresto. Aspetta che i tre carabinieri andati per arrestarlo suonino alla porta e poi spara loro addosso uccidendone due e ferendo il terzo. L'uomo riesce ad espatriare, prima ad Ajaccio e poi sulla Costa azzurra. La polizia francese lo rintraccia a Saint-Raphael dove ha luogo di nuovo uno scontro cruento, al termine del quale il terrorista viene arrestato. Al processo terrà un contegno sprezzante. Anni dopo, nel 1987, sarà lui a capeggiare una rivolta nel carcere di Porto Azzurro che terrà l'Italia con il fiato sospeso per alcuni giorni.
Le indagini sull'Italicus e su piazza della Loggia hanno spezzato il fronte dell'omertà. I balordi della provincia nera parlano, ma quando il giudice Giovanni Tamburrino di Padova o il giudice Giovanni Arcai di Brescia chiedono conferme o aiuti ai Servizi segreti per indagare sulle alte complicità cala la serranda del «segreto di Stato». Le protezioni di cui godono i fascisti sono sfacciate. Valga questo esempio: il 19 luglio del '75 viene arrestato a Milano l'avvocato Adamo Degli Occhi, capo della «maggioranza silenziosa», movimento d'ordine. I carabinieri di Milano chiedono alla Questura di Brescia, che conduce le indagini sulla strage di piazza della Loggia, se devono perquisire l'alloggio dell'avvocato, ma la Questura dice che non è il caso. Intanto un giornalista fascista, Domenico Siena, è entrato nell'alloggio e ne è uscito con due valigie. Dirà che aveva preso effetti personali da far arrivare in carcere all'avvocato. Il dubbio che fossero carte compromettenti è più che lecito.

domenica 3 agosto 2008

la pratica Brunetta non alletta


Acque agitate al Ministero della Pubblica Amministrazione e Innovazione dopo le ultime "uscite" di Renato Brunetta. Ferrero attacca, Brunetta replica a stretto giro. Oggetto del contendere, la polemica sulle vignette offensive nei confronti dei lavoratori che da qualche giorno compaiono sul sito del ministero della Funzione Pubblica (http://www.innovazionepa.gov.it/ministro/galleria/galleria.asp). "Il ministro Brunetta faccia subito togliere quelle vignette offensive nei confronti dei lavoratori che compaiono da ieri sul sito del ministero della Funzione Pubblica" aveva tuonato in una nota Ferrero. "Il ministro non può confondere quello che è un sito istituzionale con le sue posizioni politiche e i suoi deliri anti-fannulloni, deliri che offendono tutti i lavoratori pubblici. Una cosa è certa, in questi mesi, settimane e giorni è sempre più palese l'atteggiamento totalitario e fascistoide di alcuni ministri del governo Berlusconi, ministri che non sono in grado nemmeno di distinguere, come nel caso di Brunetta, tra i doveri delle istituzioni e la propaganda politica di parte". "Il neosegretario di Rifondazione Comunista lancia in grande stile una fatwa contro il ministro Brunetta ("deliri anti-fannulloni", "atteggiamento totalitario e fascistoide") e la sua decisione di pubblicare sul sito del Ministero tutte le vignette che i quotidiani gli hanno finora dedicato - replica il portavoce del ministro dell'Innovazione e P.A. - Anche se comunista, Paolo Ferrero ha ragione. Raccogliamo il suo grido di dolore e lo facciamo nostro. Sono infatti diverse settimane che andiamo in cerca di una qualsiasi vignetta che metta alla berlina il ministro e la sua politica di riforma della Pubblica Amministrazione. Invano. Abbiamo così deciso - fa sapere il portavoce - di rivolgerci al Paese per superare questo gravissimo vulnus alla democrazia italiana. Da questo momento viene quindi aperto un concorso di idee a tutti i cittadini che vogliano finalmente disegnare una feroce vignetta satirica contro il ministro Brunetta e le sue idee. Vi possono prendere parte anche i dipendenti pubblici, beninteso a condizione che la vignetta sia stata da loro pensata e disegnata durante le ferie, la pausa pranzo o i permessi per malattia. Le vignette devono essere inviate entro e non oltre il 10 agosto all'indirizzo ufficiostampa@funzionepubblica.it, accompagnate da nome e cognome dell'autore nonché da un suo recapito telefonico e di posta elettronica personale. Lunedì 11 agosto verranno quindi pubblicate in contemporanea in una apposita sezione del sito del Ministero e per un mese tutti potranno vederle e votarle. Il 10 settembre una giuria imparziale formata da giornalisti (ha già accettato di farne parte il disegnatore Vincino) si riunirà per decretare la vignetta vincente tra le cinque che nel frattempo risulteranno essere state le più cliccate. Il suo autore - conclude la nota - verrà ricevuto e premiato a Palazzo Vidoni dal ministro Brunetta. La sfida è quindi lanciata! Mi raccomando, siate cattivi: non ne possiamo più di raccogliere solo consensi..". Ecco, chiuso questo siparietto a carattere di concorso per nuovi vignettisti, mi sembra più intelligente far parlare una dipendente pubblica rammaricata per come si sta evolvendo questa sorta di caccia al fannullone. Ho scovato questa bella lettera (a firma Stefania) su un forum dove si discuteva per l'appunto di tutto ciò e ve la voglio far leggere nella sua integralità. Servirà a fare alcune riflessioni. E forse servirà anche al ministro Brunetta taglia & affetta. Voglio dire una cosa, questa storia sui fannulloni, insieme ai tanti commenti che leggo ovunque, sta dimostrando che la campagna diffamatoria nei confronti dei pubblici dipendenti definiti “fannulloni”, ha sortito l’effetto che volevano sortisse. Molti di voi non dipendenti pubblici non hanno neanche letto il D.L. 112 ma traggono per buone le informazioni lette dai giornali. Ti dico una cosa. Sono una dipendente pubblica che in 10 anni ha avuto solo per due volte un’influenza, nel mio ente non si può entrare senza timbrare né uscire in alcun modo senza timbrare. Se dimentichi il badge a casa i vigilanti ne hanno uno sostitutivo. Io arrivo in ufficio alle 7:30 e comincio a lavorare da quell’ora, vorrei che Brunetta venisse a controllare me e tanti come me. Sento dire che chi si lamenta sono proprio quei dipendenti che non hanno mai fatto nulla e che sfruttavano la malattia. Ebbene mi lamento anche io e sai perché? Perché se ora prendo un’influenza o sto male anche per un solo giorno mi tolgono i soldi e sono tanti. Vedi, forse non tutti sanno che le leggi per colpire chi si ammalava con facilità ci sono sempre state, bastava applicare leggi già esistenti richiedendo controlli continui proprio su quelle persone. Io oggi vedo una discriminazione tra pubblico dipendente e dipendente privato. Se io domani mi ammalo anche per un solo giorno mi tolgono i soldi, il salario accessorio che non è poco. In altre parole il dipendente che si ammala sul serio viene penalizzato. Non solo, le fasce orarie di reperibilità vanno dalle 8 alle 13 e dalle 14 alle 20. Mi sta benissimo ma poiché ritengo che i diritti dei lavoratori debbano essere uguali per tutti, credo anche che le fasce orarie debbano essere uguali per tutti. Non mi considero una lavoratrice di serie B nonostante la campagna discriminatoria che hanno già messo in atto. Non solo, il settore privato ha goduto ad esempio della detassazione degli straordinari mentre nel pubblico si parla ora di un taglio in busta paga di circa il 30%. Sulla retribuzione complessiva annua, si va infatti da un minimo di 280 euro a un massimo di 9.500 euro. Nel maxiemendamento alla manovra economica saranno 400 i milioni di euro in meno per i rinnovi contrattuali degli statali e gli adeguamenti retributivi del personale delle amministrazioni statali. Ora ti porto ad esempio il mio caso. Io prendo circa 1.200,00 euro al mese, non potrò per i prossimi anni accedere alle progressioni di carriera, mi viene decurtato lo stipendio, mi vengono tassati gli straordinari, mi vengono tolti i soldi se mi ammalo, ho un mutuo che mi prosciuga gran parte dello stipendio pagando la mia quota di rata mensile di circa 700 euro. La persona con cui ho acceso il mutuo è in cassa integrazione da circa un anno. In altre parole io vivo con 500 euro al mese in una città cara come Roma. Spero che le direttive di Brunetta colpiranno, per logica, anche i dipendenti pubblici per eccellenza, ossia i parlamentari che godono di ben altri introiti. Non mi sembra che ci sia altro da aggiungere a quanto scritto da Stefania...

sabato 2 agosto 2008

quella mattina del 2 agosto


Anche quella mattina del 2 agosto del 1980 era un sabato. Come oggi. E più o meno a quest'ora esplose una bomba nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna. Lo scoppio fu violentissimo, provocò il crollo delle strutture sovrastanti le sale d'aspetto di prima e seconda classe dove si trovavano gli uffici dell'azienda di ristorazione Cigar e di circa 30 metri di pensilina. L'esplosione investì anche il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario. Il soffio arroventato prodotto da una miscela di tritolo e T4 tranciò i destini di persone provenienti da 50 città diverse italiane e straniere. Il bilancio finale fu di 85 morti e 200 feriti. La violenza colpì alla cieca cancellando a casaccio vite, sogni, speranze. Maria Fresu si trovava nella sala della bomba con la figlia Angela di tre anni. Stavano partendo con due amiche per una breve vacanza sul lago di Garda. Il corpicino della piccola, la più giovane delle vittime, venne ritrovato subito. Solo il 29 dicembre furono riconosciuti i resti della madre. Marina Trolese, 16 anni, venne ricoverata all'ospedale Maggiore, il corpo devastato dalle ustioni. Con la sorella Chiara, 15 anni, era in partenza per l'Inghilterra. Le avevano accompagnate il fratello Andrea, e la madre Anna Maria Salvagnini. Il corpo di quest'ultima venne ritrovato dopo ore di scavo tra le macerie. Andrea e Chiara portano ancora sul corpo e nell'anima i segni dello scoppio. Marina morì dieci giorni dopo l'esplosione tra atroci sofferenze. Torquato Secci, impiegato alla Snia di Terni, venne allertato dalla telefonata di un amico del figlio Sergio, Ferruccio, che si trovava a Verona. Sergio lo aveva informato che a causa del ritardo del treno sul quale viaggiava, proveniente dalla Toscana, aveva perso una coincidenza a Bologna e aveva dovuto aspettare il treno successivo. Poi non ne aveva più saputo nulla. Solo il giorno successivo, telefonando all'Ufficio assistenza del Comune di Bologna, Secci scoprì che suo figlio era ricoverato al reparto Rianimazione dell'ospedale Maggiore. "Mi venne incontro un giovane medico, che con molta calma cercò di prepararmi alla visione che da lì a poco mi avrebbe fatto inorridire", ha scritto Secci, "la visione era talmente brutale e agghiacciante che mi lasciò senza fiato. Solo dopo un po' mi ripresi e riuscii a dire solo poche e incoraggianti parole accolte da Sergio con l'evidente, espressa consapevolezza di chi, purtroppo teme di non poter subire le conseguenze di tutte le menomazioni e lacerazioni che tanto erano evidenti sul suo corpo". Nel 1981 Torquato Secci diventò presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage. La città si trasformò in una gigantesca macchina di soccorso e assistenza per le vittime, i sopravvissuti e i loro parenti. I vigili del fuoco dirottarono sulla stazione un autobus, il numero 37, che si trasformò in un carro funebre. E' lì che vennero deposti e coperti da lenzuola bianche i primi corpi estratti dalle macerie. Alle 17,30, il presidente della Repubblica Sandro Pertini arrivò in elicottero all'aeroporto di Borgo Panigale e si precipitò all'ospedale Maggiore dove era stata allestita una delle tre camere mortuarie. Per poche ore era circolata l'ipotesi che la strage fosse stata provocata dall'esplosione di una caldaia ma, quando il presidente arrivò a Bologna, era già stato trovato il cratere provocato da una bomba. Incontrando i giornalisti Pertini non nasconse lo sgomento: "Signori, non ho parole" disse,"siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia". Ancora prima dei funerali, fissati per il 6 agosto, si svolsero manifestazioni in Piazza Maggiore a testimonianza delle immediate reazioni della città. Il giorno fissato per la cerimonia funebre nella basilica di San Petronio, si mescolarono in piazza rabbia e dolore. Solo 7 vittime ebbero il funerale di Stato. Il 17 agosto "L'Espresso" uscì con un numero speciale sulla strage. In copertina un quadro a cui Guttuso ha dato lo stesso titolo che Francisco Goya aveva scelto per uno dei suoi 16 Capricci: "Il sonno della ragione genera mostri". Guttuso ha solo aggiunto una data: 2 agosto 1980. Cominciò una delle indagini più difficili della storia giudiziaria italiana. Vorrei ricordare, al termine di questo mio post, i nomi delle vittime di quella ignobile strage. Antonella Ceci, 19 anni - Angela Marino, 23 - Leoluca Marino, 24 - Domenica Marino, 26 - Enrica Frigerio in Diomede Fresa, 57 - Vito Diomede Fresa, 62 - Anna Maria Bosio in Mauri, 28 - Carlo Mauri, 32 - Luca Mauri, 6 - Eckhardt Mader, 14 - Margaret Rohrs in Mader, 39 - Kai Mader, 8 - Sonia Burri, 7 - Patrizia Messineo, 18 - Silvana Serravalli in Barbera, 34 - Manuela Gallon, 11 - Natalia Agostini in Gallon, 40 - Marina Antonella Trolese, 16 - Anna Maria Salvagnini in Trolese, 51 - Roberto De Marchi, 21 - Elisabetta Manea vedova De Marchi, 60 - Eleonora Geraci in Vaccaro, 46 - Vittorio Vaccaro, 24 - Velia Carli in Lauro, 50 - Salvatore Lauro, 57 - Paolo Zecchi, 23 - Viviana Bugamelli in Zecchi, 23 - Catherine Helen Mitchell, 22 - John Andrew Kolpinski, 22 - Angela Fresu, 3 - Maria Fresu, 24 - Loredana Molina in Sacrati, 44 - Angelica Tarsi, 72 - Katia Bertasi, 34 - Mirella Fornasari, 36 - Euridia Bergianti, 49 - Nilla Natali, 25 - Franca Dall'Olio, 20 - Rita Verde, 23 - Flavia Casadei, 18 - Giuseppe Patruno, 18 - Rossella Marceddu, 19 - Davide Caprioli, 20 - Vito Ales, 20 - Iwao Sekiguchi, 20 - Brigitte Drouhard, 21 - Roberto Procelli, 21 - Mauro Alganon, 22 - Maria Angela Marangon, 22 - Verdiana Bivona, 22 - Francesco Gomez Martinez, 23 - Mauro Di Vittorio, 24 - Sergio Secci, 24 - Roberto Gaiola, 25 - Angelo Priore, 26 - Onofrio Zappalà, 27 - Pio Carmine Remollino, 31 - Gaetano Roda, 31 - Antonino Di Paola, 32 - Mirco Castellaro, 33 - Nazzareno Basso, 33 - Vincenzo Petteni, 34 - Salvatore Seminara, 34 - Carla Gozzi, 36 - Umberto Lugli, 38 - Fausto Venturi, 38 - Argeo Bonora, 42 - Francesco Betti, 44 - Mario Sica, 44 - Pier Francesco Laurenti, 44 - Paolino Bianchi, 50 - Vincenzina Sala in Zanetti, 50 - Berta Ebner, 50 - Vincenzo Lanconelli, 51 - Lina Ferretti in Mannocci, 53 - Romeo Ruozi, 54 - Amorveno Marzagalli, 54 - Antonio Francesco La Scala, 56 - Rosina Barbaro in Montani, 58 - Irene Breton in Boudouban, 61 - Pietro Galassi, 66 - Lidia Olla in Cardillo, 67 - Maria Idria Avati, 80 - Antonio Montanari, 86.

venerdì 1 agosto 2008

tutte le stanze del presidente


Il problema della casa nel ventunesimo secolo è davvero un gran bel problema. Alzi la mano chi non ha avuto mai difficoltà (e non ne ha ora) a cercare di abitare in una casa, sia in affitto sia in proprietà, considerati i prezzi astronomici sia in un verso che nell'altro. Eppure c'è qualcuno che non ha nessuna difficoltà non dico ad abitare, ma addirittura ad espandere a macchia d'olio la sua faraonica magione. Inutile dirvi nome e cognome, ci mancherebbe. La notizia di oggi (http://www.corriere.it/politica/08_luglio_31/arcore_raddoppio_villa_san_martino_102cf6f0-5eda-11dd-89c2-00144f02aabc.shtml) è di quelle che riappacificano con il mercato immobiliare. E leggendola non mi è stato difficile immedesimarmi nei panni del padre di famiglia che oramai sul viale del tramonto (inteso solo ed unicamente come età anagrafica) si preoccupa di sistemare la numerosa prole, avuta da due matrimoni, in alloggi non troppo spartani e dalla metratura risicata, ma anzi raddoppia lo spazio della sua già fantasmagorica residenza annettendosi (verbo a lui caro dal punto di vista napoleonico...) due spazi abbandonati e non più abitati e trasformando il tutto in una sorta di Eden meneghino. Ovviamente per le licenze e relative autorizzazioni il nostro eroe non deve faticare più di tanto, visto e considerato che gli amministratori locali sono suoi sudditi politici. Ma quello che più mi ha incuriosito della faccenda è stato il rileggere come il signorotto sia venuto in possesso, nel lontano 1980, di questa fantastica dimora denominata Villa San Martino. Ve la vorrei riepilogare in breve. Roma, domenica 30 agosto 1970, attico di via Puccini 9, vicino Villa Borghese. Il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, quarantatré anni, abbatte con un fucile da caccia la moglie Anna Fallarino, quarantun anni, e lo studente Massimo Minorenti, venticinque anni, suo amante; quindi s'ammazza. Chi dei due coniugi è morto per ultimo? Da un respiro dipende la destinazione dell'eredità (i giornali favoleggiano di tre-quattrocento miliardi) che comprende una villa in Brianza: LA VILLA DI ARCORE. Se per ultima è morta Anna Fallarino, sua sorella e i genitori erediteranno la loro parte. Se per ultimo è morto il marchese, erediterà tutto la marchesina Annamaria, nata nel 1951 dal primo matrimonio con Letizia Izzo. La sorella di Anna Fallarino è una buona conoscente del giovane avvocato Cesare Previti, trentasei anni, nato a Reggio Calabria ma romano dall'infanzia, che l'incarica di patrocinare gli interessi dei Fallarino. Le perizie medico-legali tolgono presto ogni dubbio: l'ultimo a morire è stato il marchese, tutto andrà alla giovane figlia Annamaria. Ma Previti non esce per questo di scena. "Benché disponga del mandato per la tutela dei Fallarino", si propone alla marchesina Annamaria, che ne accetta l'assistenza legale. Vi è un problema però: Annamaria ha diciannove anni (per la legge dell'epoca è minorenne), il Tribunale minorile l'affida, lei consenziente, a un vecchio amico dei Casati, l'avvocato Giorgio Bergamasco, senatore liberale. Bergamasco tutore, Previti pro-tutore. Sarà la sua rovina. Sconvolta dalla tragedia, braccata dai giornalisti, Annamaria lascia l'Italia (vivrà stabilmente a Brasilia dopo aver sposato Pier Donà Dalle Rose). Il 26 giugno 1971 il tutore Bergamasco, buon tributarista, presenta all'Ufficio delle imposte la denuncia di successione, inventario analitico dei beni ereditati dalla marchesina minorenne: valore dichiarato, compresi liquidi, titoli azionari, mobili e gioielli, 2 miliardi 403 milioni; che si riducono a un miliardo 965 milioni tolti i debiti e le tasse e imposte da pagare. Compiuti i ventun anni il 22 maggio 1972, l'ereditiera è libera ormai di occuparsi delle proprie cose da sé; ma per la difficoltà obiettiva di amministrare il patrimonio in Italia da Brasilia, crede di trovare una soluzione nominando il 27 settembre 1972 procuratore generale, "rimossa ogni limitazione di mandato", l'ex-tutore Bergamasco. L'ex-pro tutore Previti resta suo avvocato. Gli si rivolge nell'autunno del 1973 incaricandolo di vendere la villa di Arcore, "con espressa esclusione degli arredi, della pinacoteca, della biblioteca e delle circostanti proprietà terriere". Il compratore è presto trovato. In una telefonata a Brasilia, Previti annunzia tripudante, e confidando nell'esultanza della marchesina, il nome dell'acquirente, il magnate Silvio Berlusconi, largo il prezzo, 500 milioni (largo? per una villa settecentesca di 3 mila 500 metri quadri, completa, in difformità dall'incarico, di pinacoteca con tele del Quattrocento e del Cinquecento, di biblioteca con diecimila volumi antichi e d'un parco immenso?). Il valore di un comune appartamento nel centro di Milano. Un raggiro; tanto più che Berlusconi dilazionerà il pagamento negli anni, e le tasse continua a pagarle la marchesina. Tra lei e Previti i primi dissapori. Il 4 maggio 1977 è costituita a Roma l'Immobiliare Idra, della galassia berlusconiana. Entrano nel collegio sindacale Umberto Previti e, sino al 28 giugno 1979, il figlio Cesare. Alla Immobiliare Idra sarà intestata la villa di Arcore. "Previti è sì l'avvocato di fiducia della venditrice marchesina Casati Stampa, ma, al tempo stesso, e all'insaputa della sua assistita, ha diretti interessi nel gruppo berlusconiano". L'atto pubblico di vendita innanzi a notaio è sottoscritto sei anni dopo la cessione, il 2 ottobre 1980. Rappresenta Annamaria, parte venditrice, il procuratore generale Bergamasco; rappresenta l'Immobiliare Idra, parte acquirente, il suo amministratore unico, Giovanni Del Santo, commercialista prestanome. La villa settecentesca già residenza dei conti Giulini e dei marchesi Casati Stampa è così indicata nel rogito: "Casa d'abitazione con circostanti fabbriche rurali e terreni a varia destinazione". Subito dopo la "casa di abitazione" pagata mezzo miliardo a rate sarà ritenuta dalla Cariplo garanzia congrua per un finanziamento di 7 miliardi 300 milioni (fidejussione dell'Immobiliare Idra in favore della Cantieri Riuniti Milanesi: da Berlusconi a Berlusconi) e dal Monte dei Paschi di Siena per un ulteriore finanziamento di 680 milioni all'Immobiliare Idra. E siamo ai giorni nostri. Per amore dei figli (e delle loro comodità) il cavaliere mette mano al gonfio portafogli e raddoppia Villa San Martino. Con buona pace di quelli che vivono in trenta metri quadri, con vista discarica.