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martedì 24 gennaio 2006

il ricordo dell'Avvocato


Oggi è il giorno della ricorrenza, triste ricorrenza purtroppo, della scomparsa dell'Avvocato con la A maiuscola, l'Avvocato per antonomasia, l'Avvocato universalmente riconosciuto e amato. L'Avvocato Gianni Agnelli se ne andò in una fredda giornata di gennaio, il 24, del 2003 al termine di una malattia che lo logorò dopo una complicata operazione negli Stati Uniti. La figura carismatica, intelligente, ironica e al tempo stesso familiare del discendente della dinastìa degli Agnelli ci ha lasciato un ricordo ed un vuoto incolmabile. Un ricordo gradevole di un personaggio di altissimo spessore umano e di immagine sociale ed economica come pochi altri nati nel nostro Paese, capace di trasmettere, nelle sue non rare apparizioni televisive e pubbliche (al contrario del premier di Arcore...) una sensazione naturale di grandezza e sensibilità intellettuale tale da affascinare completamente l'italiano medio, quell'italiano che ostinatamente cerca di circuire e blandire l'attuale (ancora per poco...) presidente del consiglio, inutilmente proteso a ricalcare le gesta economiche ma certamente NON di effetto sociale ed umano, tipiche dell'Avvocato Agnelli. Una comparazione tra i due è improponibile, giacchè l'uno (Agnelli) è stato l'esempio, continuo ed efficace per tutta la sua famiglia e per tutti quelli che l'hanno conosciuto, dell'uomo tutto d'un pezzo, dedito al lavoro, alla soddisfazione della sua Azienda e soprattutto interessato al giudizio e alla partecipazione affettiva dei suoi naturali ammiratori. L'altro (sua emittenza) non mi sembra proprio l'essenza più cristallina dell'interesse pro collettività, anzi. Ha sempre dato, in tutti questi anni (e specialmente in questi ultimi fuochi d'artificio mediatico) l'impressione di quello che cavalca la tigre per beneficiare esclusivamente di tutte le situazioni, economiche e sociali, ad uso e consumo proprio, senza mai creare quella cortina di benevolenza popolare che un leader dovrebbe far trasparire dalle sue azioni politiche e personali. Al contrario, Gianni Agnelli aveva il magico dono di rendere ogni suo intervento (serio o faceto che fosse) un coacervo di intelligenza, sagacia e simpatia popolare, che era diventato una sorta di marchio di fabbrica. Quando parlava l'Avvocato in una sala riunione della Fiat o alla Confindustria o a Palazzo Madama (essendo stato nominato senatore a vita) era quasi come se parlasse qualcuno sempre atteso, sempre additato come colui che profferiva parole da cui tutti pendevano, sempre e comunque. Una gran bella virtù, questa, che nemmeno si sogna il presidente del consiglio, abituato più ai soliloqui e agli sproloqui che alle esternazioni intrise di sagace intelligenza, facendo sempre più rimpiangere la figura (seppur incurvata e con il volto rugoso ma fiero) del nostro vecchio beneamato Avvocato!

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